di Paolo Pagliaro
Francesco Gaetano Caltagirone, imprenditore e finanziere, sempre presente nel Gotha degli uomini più ricchi e dunque più ascoltati d’Italia, ha proposto una radicale riforma della legge di successione, Intervenendo al festival dell’Economia di Trento, Caltagirone ha sostenuto che, per quanto riguarda il sistema ereditario, andrebbero cambiate le regole del gioco, abbassando le quote obbligatorie. Ha aggiunto che una volta assicurato a tutti "un patrimonio che garantisca il benessere", l’imprenditore dovrebbe essere libero di decidere a quale degli eredi consegnare il resto, cioè la proprietà dell’azienda. Questione che riguarda le 211 mila imprese italiane a conduzione familiare. Ha spiegato Caltagirone che un figlio può essere un imprenditore o solo un ricco, e c’è una bella differenza. E ha aggiunto che non possono essere gli stessi eredi a stabilire chi dovrà guidare l’azienda, altrimenti il rischio è che non si scelga il migliore ma il più malleabile.
La proposta di Caltagirone non ha innescato il dibattito che sarebbe stato lecito attendersi, e d’altra parte la stessa sorte è toccata in passato ai giganti del pensiero liberale classico, da Stuart Mill a Luigi Einaudi,, i quali – per dirla con Vicenzo Visco - ritenevano disdicevole il fatto che il nipote im¬becille di un nonno intelligente continuasse a vivere di rendita senza lavorare.
Per questo erano favorevoli a robuste imposte di successione, quelle che invece in Italia continuano a non esserci e di cui purtroppo non c’è traccia nemmeno nella proposta rivoluzionaria dell’ingegner Caltagirone.