Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

IN DIECI ANNI VIA
OLTRE 80MILA LAUREATI

IN DIECI ANNI VIA <BR> OLTRE 80MILA LAUREATI

Via dall'Italia con la laurea in tasca, per trovare un lavoro senza dover aspettare anni e soprattutto per avere uno stipendio adeguato. Sono questi i principali motivi per cui un sempre maggior numero di laureati italiani fa la valigia e va all'estero, dopo aver studiato negli atenei italiani. Una fuga di cervelli che rappresenta ormai un fenomeno che sembra inarrestabile e presenta numeri impressionanti: in dieci anni, infatti, sono andati via quasi 80mila laureati. È quanto si legge sul Messaggero. E si tratta di persone qualificate che, una volta partite, non sono rientrate e non hanno alcuna intenzione di farlo. Vuol dire che le occasioni e le prospettive di vita all'estero sono state talmente soddisfacenti che in Italia non si torna. L'ISTAT Gli ultimi dati Istat, che analizzano i numeri degli italiani che espatriano e rimpatriano, traccia un saldo nettamente negativo. I giovani fra i 25 e i 34 anni che hanno lasciato l'Italia nel periodo compreso tra il 2012 e il 2021 sono stati circa 337mila. Di questo dato complessivo, oltre 120mila sono quelli laureati. Per capire quanti tra questi hanno deciso di non tornare, basta vedere che nella stessa fascia di età e nello stesso periodo sono rimpatriati 94mila giovani, di cui 41 mila laureati. Il saldo è quindi in perdita: l'Italia in dieci anni ha perso 79mila giovani laureati. Vale a dire tanti quanti gli abitanti di una città di media grandezza come Varese, Grosseto o Brindisi. Osservando solo i dati del 2021, emerge che un ragazzo su due che lascia l'Italia è laureato: su un totale di 31mila giovani tra i 25 e i 34 anni, che vanno all'estero, oltre 14mila hanno una laurea o anche un titolo superiore alla laurea. Un numero decisamente elevato, considerando che il periodo di riferimento è il 2021, con le restrizioni e le precauzioni dovute alla pandemia.

 

LE DESTINAZIONI La meta preferita dai giovani laureati resta il Regno Unito: dal 2016, infatti, è cresciuto il flusso verso la Gran Bretagna, dovuto in parte anche a un "effetto Brexit" che ha accelerato le pratiche dei giovani espatriati. La perdita netta di giovani laureati diretti verso il Regno Unito, nel decennio 2012-21, è di circa 19mila persone. Gli altri paesi europei, considerati attrattivi per i laureati italiani emigrati, sono la Germania con 12mila arrivi in dieci anni, 9mila in Svizzera e 8mila in Francia. In generale, ogni anno, l'8% dei laureati italiani decide di andare via. Tra questi ci sono soprattutto i camici bianchi: ogni anno sono circa un migliaio i medici che vanno a lavorare lontano dall'Italia, dal Paese che, di fatto, sulla loro formazione ha investito fondi e strutture, dalla scuola dell'obbligo agli studi universitari, e non ne vedrà il rendimento. Come è possibile? L'Italia non riesce a trattenere i suoi laureati, perché il confronto con gli stipendi che vengono garantiti all'estero è impietoso: a un anno dalla laurea, gli italiani espatriati guadagnano quasi 2mila euro mensili netti, vale a dire oltre il 40% in più rispetto ai quasi 1400 euro che incassano i laureati, a un anno dal titolo, in Italia. Sulla distanza è ancora peggio: a cinque anni dalla laurea, all'estero lo stipendio è in media di oltre 2.300 euro contro i quasi 1600 euro medi italiani. Circa il 47% in più. E allora, per correre ai ripari, è necessario puntare sulle opportunità lavorative e sulle retribuzioni. La cosiddetta fuga dei cervelli riguarda molto da vicino le università, visto che gli stessi ricercatori italiani decidono di portare i loro progetti, vincitori di bandi, in valigia verso paesi esteri dove guadagnano di più. E i fondi internazionali, europei, vanno altrove. La ministra all'università e ricerca, Anna Maria Bernini, è al lavoro per fermare il fiume di laureati verso l'estero. E' necessario internazionalizzare la mobilità, anche tra i ricercatori, ma è essenziale che l'Italia rappresenti un Paese attrattivo almeno quanto gli altri, per accogliere laureati e ricercatori e per vedere tornare quelli espatriati. Nel decreto per la Pubblica amministrazione, infatti, viene data la possibilità di aumentare del 30% il compenso riconosciuto ai ricercatori, che scelgono di fare ritorno In Italia portando con sé il progetto vincitore di fondi. La Ministra ha recentemente annunciato di voler creare un'app per far incontrare la domanda e l'offerta di lavoro per laureati. Per trovare un collegamento tra atenei e mercato del lavoro. Una necessità che parte da lontano, visto che vanno all'estero, ogni anno, oltre ai laureati anche 86mila diplomati perché per loro, in Italia, non ci sono prospettive.

 

(© 9Colonne - citare la fonte)