di Paolo Pagliaro
Favorire la transizione ambientale senza chiudere le industrie ma, al contrario, finanziando la loro riconversione green. E’ la strada imboccata dal governo americano con un piano da 400 miliardi di dollari, noto con l’acronimo Ira che prevede contributi e crediti di imposta per famiglie e imprese mirati a favorire fonti di energia rinnovabile, maggiore efficienza energetica, auto e veicoli commerciali elettrici, riduzione dell’impatto ambientale nell’agricoltura, nei trasporti e negli edifici. E’ un piano chiaramente protezionistico, L’accesso ai contributi è vincolato al luogo di produzione, che deve essere negli Stati Uniti, o alla nazionalità dell’azienda, che deve essere statunitense, ai materiali utilizzati che devono essere estratti o lavorati in Nord America. Misure platealmente contrarie ai principi del libero scambio. che per ragioni geopolitiche l’Europa ha deciso di non impugnare in sede di Organizzazione Mondiale del Commercio.
Una risposta europea c’è stata con l’allentamento delle regole sugli aiuti di stato. Ne hanno però usufruito soprattutto Germania e Francia, che hanno maggiori disponibilità finanziarie. Per gli altri il vantaggio è stato minimo. Servirebbero invece nuovi canali di finanziamento del bilancio europeo per coprire le esigenze di una politica industriale comune. E’ quello che chiederà giovedi l’assemblea di Assonime, l’associazione delle società per azioni ora guidata da Stefano Firpo, che presenterà al capo dello Stato, al governo e alla commissione europea un articolato pacchetto di proposte.
Non sfugge nessuno che all’Unione europea sarà più facile chiedere nuovo denaro al mercato o agli stati membri, se si sarà accertato che quello stanziato per i piani nazionali di ripresa post pandemia è stato speso e possibilmente speso bene.