di Paolo Pagliaro
Manca ancora un passaggio alla Camera e poi si potrà insediare la commissione d’inchiesta bicamerale sulla gestione della pandemia di Covid-19, nel 2020 e nel 2021.
L’unità nazionale sperimentata in quei due anni è un lontano ricordo , gli interessi dei partiti hanno ripreso il sopravvento e la commissione nasce sotto i peggiori auspici, in un clima da regolamento dei conti. Si ripeterà un copione già visto con la fallimentare commissione d’inchiesta sui dissesti bancari. C’è da attendersi che anche questa volta, come allora, dalla bicamerale non verranno indicazioni utili per evitare disastri futuri.
In questi giorni un altro parlamento, quello europeo, sta invece prendendo decisioni che potrebbero ridisegnare radicalmente lo scenario in caso di una nuova pandemia. Si discute la revisione della legislazione sui farmaci e sul tavolo c’è l’ipotesi di creare una grande infrastruttura pubblica che li produca. E’ la proposta di tre esperti italiani di economia sanitaria, Simona Gamba, Laura Magazzini e Paolo Pertile, autori di uno studio commissionato dallo stesso Parlamento. Si parte dalla constatazione che il rischio finanziario per la realizzazione dei vaccini è stato assunto soprattutto dagli Stati, ossia dai contribuenti, più che dall’industria farmaceutica. L’idea che possa nascere un polo pubblico per la produzione di farmaci e vaccini – oggetto di una campagna avviata in Italia dal Forum Disuguaglianze Diversità - ha innescato un duro scontro politico all’interno dell’assemblea di Strasburgo. Dopo la protesta dell’associazione delle industrie farmaceutiche, lo studio dei ricercatori italiani in un primo momento è stato rimosso dal sito del Parlamento, dove ora è di nuovo consultabile. Ma la battaglia è in pieno svolgimento e il suo esito ci riguarda molto da vicino.