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direttore Paolo Pagliaro

MILEI SCUOTE L’ARGENTINA
DESTRA EUROPEA IN FESTA

L’elezione di Javier Milei alla Casa Rosada sicuramente sarà un terremoto in Argentina, ma qualche scossa tellurica è stata già avvertita perfino qui in Europa, dove le destre nazionaliste hanno accolto il risultato del ballottaggio con grande soddisfazione. A partire da Matteo Salvini, leader della Lega e vicepremier italiano, che ha twittato le sue “congratulazioni e buon lavoro al nuovo presidente dell’Argentina”. Anche Marine Le Pen, presidente del Rassemblement National, il partito di destra francese, ha dichiarato che “la vittoria di Javier Milei in Argentina è una buona notizia per tutti coloro che credono nella sovranità nazionale, nella democrazia diretta e nella difesa dei valori occidentali. Milei è un alleato naturale nella lotta contro il globalismo, il multiculturalismo e il socialismo”. In Spagna, per Santiago Abascal, leader di Vox, Milei “è un leader valoroso che si è battuto contro un establishment corrotto e decadente: un punto di riferimento per tutti i patrioti ispano-americani: Vox sarò sempre al suo fianco per difendere la libertà, la famiglia e la vita”

Milei, il candidato anarco-liberista il cognome tradisce origini umbre, ha scosso la scena politica argentina con le sue proposte radicali e il suo stile istrionico, e ha vinto ieri il ballottaggio contro il peronista Sergio Massa con il 51,2% dei voti. Una vittoria storica che segna una svolta nella storia del Paese sudamericano, da sempre diviso tra il peronismo e le sue varie sfumature e il conservatorismo di destra. Milei, 53 anni, economista e professore universitario, si è presentato come il candidato della libertà, della democrazia diretta e della fine della corruzione. Ha promesso di ridurre drasticamente il ruolo dello Stato, di eliminare le tasse, di privatizzare le aziende pubbliche, di liberalizzare il mercato del lavoro e della moneta, di uscire dal Fondo monetario internazionale e di restituire il debito pubblico ai creditori. Ha anche proposto di legalizzare la vendita di armi e di organi, di abolire il matrimonio e il divorzio, di riconoscere la sovranità sulle Falkland-Malvinas e rischia rompere i rapporti diplomatici con il Vaticano, dopo aver insultato ripetutamente Papa Francesco.

La sua vittoria è stata favorita dal malcontento popolare nei confronti della gestione della pandemia da parte del governo uscente di Alberto Fernandez, che ha registrato oltre 5 milioni di casi e 115 mila morti per Covid-19, su una popolazione di 45 milioni di abitanti. Il sistema sanitario è stato messo a dura prova e la campagna vaccinale è stata lenta e irregolare. A questo si aggiunge la grave crisi economica e sociale che affligge il Paese da anni, aggravata dalla pandemia. L’Argentina ha subito una recessione del 9,9% nel 2020 e una contrazione del 2,5% nel primo trimestre del 2021. L’inflazione ha raggiunto il 138% annuo a settembre, erodendo il potere d’acquisto dei salari e delle pensioni.  Le conseguenze della vittoria di Milei sono difficili da prevedere, ma sicuramente saranno profonde e controverse. Il nuovo presidente dovrà affrontare le sfide interne ed esterne con una maggioranza relativa in Parlamento e una forte opposizione da parte del peronismo e della sinistra. Dovrà anche gestire i rapporti con i partner regionali e internazionali, in particolare con il Brasile, il Cile, ma anche gli Stati Uniti e la Cina, che hanno interessi strategici e commerciali in Argentina. Infine, dovrà confrontarsi con le reazioni della società civile, dei sindacati, delle organizzazioni sociali e dei movimenti popolari, che potrebbero opporsi alle sue riforme e scendere in piazza per difendere i loro diritti e le loro conquiste.

 

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