Tempi duri per gli stranieri anche in Francia, considerata un tempo la patria dei diritti dell’uomo, dopo la recente approvazione della nuova legge sull’immigrazione che rende, tra l’altro, molto più difficili i ricongiungimenti familiari. In realtà, in diversi Paesi, incluso il nostro, si prendono iniziative non solo legislative, per cercare di attenuare la presenza di stranieri “irregolari”, accantonando quei diritti che formano il patrimonio irrevocabile della persona umana.
Una “ripassata” alla nostra Costituzione, promulgata 76 anni fa, il 27 dicembre 1947, pare necessaria ( anche per qualche politico), perché la condizione giuridica dello straniero in Italia è regolata dalle norme sui diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione, non solo ai cittadini; così è per il richiamo ai “diritti inviolabili dell’uomo” (art.2 ), ma anche ogni qualvolta la Costituzione, anziché parlare di “cittadini”, parla di “tutti” o, comunque, in modo impersonale. Così, ad esempio, con l’art. 19 - “tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa” - con l’art. 21 secondo cui “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”, con l’art.24 per cui “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi” ed ancora ai sensi dell’art.2. per cui “nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome”. La Costituzione, inoltre, sancisce il principio secondo cui la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, diritti che appartengono all’uomo inteso come essere libero e che non possono “essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre leggi costituzionali” (Corte Cost. sentenza 15-29 dicembre 1988), né possono subire attenuazioni rispetto agli stranieri in vista della tutela di altri beni costituzionalmente rilevanti.
Quindi, per quanto gli interessi pubblici che incidono sulla materia dell’immigrazione siano molteplici e per quanto possano essere valutate come gravi le questioni di sicurezza e di ordine pubblico collegate ai flussi migratori incontrollati, la Corte Costituzionale (sentenza 22 marzo 2001, n. 105) ha precisato che “ non può risultarne minimamente scalfito il carattere della libertà personale che, al pari degli altri diritti che la Costituzione proclama inviolabili, spetta ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani”. Il principio di eguaglianza che, nell’art. 3 è riferito espressamente ai soli cittadini, non va considerato, secondo un orientamento ormai consolidato della giurisprudenza della Corte costituzionale, in modo isolato ma in connessione con l’art. 2 che, nel riferirsi ai diritti inviolabili dell’uomo, non fa distinzione tra cittadini e stranieri. Inoltre l’art.10, secondo comma, rinvia alle norme e ai trattati internazionali nei quali la protezione dei diritti fondamentali dello straniero è assicurata . Tra questi la Convenzione europea per la salvaguardia dell’uomo e delle libertà fondamentali adottata a Roma il 4 novembre 1950 e ratificata con la Legge 848/1955.
I diritti fondamentali non possono ritenersi limitati dalla rigida applicazione ex articolo 16 delle Disposizioni sulla legge in generale ( codice civile del 1942) che prevede che “lo straniero è ammesso a godere dei diritti civili attribuiti al cittadino a condizione di reciprocità”. Questa condizione non opera per quei diritti e per quelle libertà fondamentali riconosciuti a tutti i soggetti in quanto persone e tale clausola, non recepita in sede costituzionale, si ritiene tacitamente abrogata. Anche il testo unico sull’immigrazione n.286/ 1998, all’art.2 enuncia i principi di carattere generale in tema di riconoscimento dei diritti degli stranieri (distinguendo tra quelli alla frontiera o “comunque presenti” nel territorio dello Stato), ai quali vengono riconosciuti i diritti fondamentali della persona previsti dalle norme di diritto interno e dalle convenzioni internazionali. Per gli stranieri regolarmente soggiornanti, in aggiunta, è previsto il godimento dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano