di Paolo Pagliaro
La Germania è il primo paese esportatore d’Europa e il terzo del mondo, eppure non possiede un liceo del “made in Germany”. In compenso ha un milione di studenti iscritti agli istituti tecnici superiori, che competono con le università garantendo posti di lavoro qualificati e ben retribuiti. Da ieri noi abbiamo invece il liceo del made in Italy, che come molte altre iniziative di questa stagione politica è nato avendo a cuore la tutela del patrimonio identitario nazionale. Quello dell’identità deve essere un concetto elastico visto che fino a poco tempo fa tra i 288 prodotti che vedevano l’Italia primo paese esportatore al mondo, il più importante era rappresentato dalla categoria “rubinetti e valvole”.
Il debutto del nuovo liceo non è stato dei più incoraggianti, perché in tutta Italia hanno aderito solo 92 istituti, su 500 che ne avevano i requisiti. Rispetto a questi ultimi – che si chiamano liceo economico-sociali - , spariscono le ore di antropologia, psicologia e sociologia, raddoppiano quelle di diritto ed economia politica . Ma cosa si studierà nel triennio ancora non si sa. Chissà – scrive il Corriere - quante famiglie affideranno il futuro dei propri figli a un percorso in gran parte ancora avvolto nella nebbia.
Valerio Ricciardelli, tra i massimi esperti italiani di processi formativi, dimostra con le sue analisi che l’istruzione tecnico-commerciale è la leva strategica per creare crescita economica. E se proprio qualche nuova materia si vuole studiare, Ricciardelli pensa debba essere la demografia, indispensabile per dirci dove va il mondo e soprattutto chi saranno i consumatori del futuro.