di Paolo Pagliaro
E’ uscito un libro che si intitola l’Unità e che narra le viende del glorioso quotidiano che per 75 anni fu la voce dei comunisti italiani nelle loro diverse reincarnazioni. Il libro, scritto da Roberto Roscani e pubblicato da Fandango, in apparenza si occupa delle vicende di un giornale , dei suoi artefici, dei loro rapporti con il partito e con la società. Rapporti molto forti, visto che nel momento del suo massimo fulgore l’Unità era arrivata a vendere un milione di copie, che è un po’ quello che oggi in edicola vendono tutti insieme i 10 principali quoidiani italiani. Il libro è anche la storia di un rapido declino, destino condiviso con quello che un tempo veniva chiamato il partitone. Ma soprattutto il diario di Roscani è un faro acceso sul mondo che ci siamo appena lasciati alle spalle, fatto di passioni politiche e contese culturali, di valori contrapposti e conflitti anche sanguinosi. In quel mondo che il Novecento si è portato via il confronto ideologico era esplicito e aspro, e ideologia era una parola di cui non ci si vergognava.
Oggi si va dicendo che le ideologie sono finite oppure che siamo nella fase post-idoleogica della politica. Non è così: le ideologie non se ne sono mai andate. Solo hanno cambiato sembianze e occorre attrezzarsi per poterle riconoscere , come spiega bene Manuel Anselmi, che per Mondadori Università ha pubblicato un saggio intitolato appunto “Ideologie politiche”. È tornata al governo una destra strutturalmente di destra, e quell’evanescenza ideologica che pensavamo di percepire durante il lungo arco berlusconiano non c’è più. Quello che si fa fatica a tracciare è semmai il campo ideologico della sinistra.