di Paolo Pagliaro
Nelle riunioni del consiglio europeo, ultima quella dello scorso fine settimana, il tema della difesa comune affiora e subito scompare. Tutti temono di dover cedere una quota di sovranità in una materia a ragione considerata strategica.
Ma l’Europa oggi non è pacifista e il progetto di difesa comune non è un appello al riarmo. Anzi cone fa notare Avvenire, se il progetto di difesa comune andsse in porto, le armi in Europa, paradossalmente, diminuirebbero.
Lo conferma un esauriente dossier in corso di pubblicazione sull’edizione italiana di Euractiv. Oggi i 27 Stati membri insieme hanno la terza spesa militare del mondo, dopo Stati Uniti e Cina. Nel 2022 hanno destinato alla difesa l’1,5% del PIL , cioè una volta e mezzo l’intero bilancio comunitario. Prima che Putin invadesse l’Ucraina la spesa militare dell’Europa era quasi il triplo della Russia. Ora spendiamo comunque il doppio, e senza alcuna capacità di deterrenza. In Europa la percentuale della spesa per il personale è molto maggiore di quella che va in ricerca e innovazione, negli Stati Uniti succede il contrario. Nel complesso, spendiamo il 35% degli americani con una capacità del 10%. Il che significa che oltre 2/3 della nostra spesa militare è inutile.
Un uteriore vantaggio della difesa comune sarebbe, secondo Euractiv , la trasformazione della Nato da una un'alleanza in cui c'è un solo grande albero, gli Stati Uniti, e tanti cespugli più o meno piccoli, in una collaborazione tra eguali o quasi. Forse è questo il principale ostacolo da superare.