di Paolo Pagliaro
Per i paesi in guerra l’informazione è un’arma e dunque né Mosca né Kiev sono attendibili quando forniscono i dati sulle perdite proprie e su quelle del nemico. Ma ora, a oltre due anni dall’invasione, cominciano ad affiorare le prime stime realistiche. Le vie seguite da giornalisti e studiosi sono varie: si va dalle statistiche sui decessi di giovani uomini e di giovani donne, con le prime che si impennano e le seconde che restano stabili; alla frequenza dei necrologi sui giornali e sui social; agli atti notarili riguardanti le successioni. Stando a tutti questi dati, alla fine del 2023 i russi avrebbero perso 75 mila soldati che diventano 220 mila includendo i feriti gravi. I morti di parte ucraina ammonterebbero invece a 42mila, per un totale di 120 mila perdite contando anche i feriti. Dati da aggiornare con le vittime di questo primo trimestre e con gli oltre 10 mila morti tra i civili ucraini.
Il sito Neodemos osserva che in un conflitto di trincea, spesso non troppo dissimile da quanto avveniva nella Grande Guerra, molte perdite sono imputabili anche alla scarsità di presidi medici in prossimità della linea del fronte ed alla necessità di evacuare i feriti nelle distanti retrovie.
Tra i morti di parte russa, circa il 20% sono ex detenuti scarcerati a patto che si arruolassero per almeno sei mesi. Ai 300 mila soldati impiegati in Ucraina, Putin sta per aggiungerne altri 150 mila. Ma anche lui deve fare i conti con l’emergenza demografica, fenomeno aggravato dai giovani che sono emigrati per non finire al fronte e che secondo diverse fonti sono ormai più di 500 mila.
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