“Siamo nel pieno di una rivoluzione antropologica”, scrivono gli esperti della polizia postale nel rapporto inviato alla commissione parlamentare presieduta dalla senatrice Segre sulle forme di discriminazione on line, facendo intendere come oggi il sistema dell’informazione digitale stia pilotando trasformazioni ben più redicali della semplice disintermediazione. “La nostra vita quotidiana”, aggiunge infatti il rapporto, “è tecnomediata dalla rete” , e in questo contersto, dominato dagli automatismi e dalla profilazione di ognuno di noi si sta modificando il processo di formazione dell’opinione pubblica, e di conseguenza dell’intero giornalismo.
In vista delle prossime elezioni che in quest’anno coinvolgeranno circa metà della popolazione del pianeta, si stanno moltiplicando ad ogni latitudine azioni di interferenza nel processo di formazione del senso comune di milioni di elettori contendibili. Si sta riproducendo su scala globale, con le forme oggi consentite dalle risorse di intelligenza artificiale, il meccanismo di Cambridge Analytica, che ha riprogrammato il voto di quote rilevanti di elettorato in diversi paesi dell’occidente, a cominciare dall’elezione di Trump del 2016. Oggi il fenomeno è contestualizzato, per di più, in quella guerra ibrida, già teorizzata dal capo di stato maggiore russo Gerassimov, che prevede appunto come nuova forma di combattimento la capacità di condizionare l’emotività di componenti rilevanti delle comunità nazionali avversarie.
I conflitti in corso in Ucraina e nel medioriente forniscono la materia prima per provocare quelle spinte al rancore e alla disgregazione sociale essenziali per la strategia condotta da gruppi di guastatori nei paesi democratici. Tutti i sensori che stanno lavorando sul tema infatti registrano un’impennata di produzione di messaggi virali sia diretti a comunità e specifici gruppi di utenti, sia, e sono i più insidiosi e efficaci nella loro azione di disgregazione, mirati individualmente a moltitudini di singoli elettori , disseminati nei collegi più contrastati dei diversi paesi.
Da una parte , si verifica l’inquinamento delle fonti di eventi sensibili, capaci per la loro rilevanza di suscitare irritazione o rancore sociale. La polizia postale italiana ha individuato centinaia di bot automatici , gestiti da gruppi o centri ricollocabili nella galassia della disinformazione di matrice russa, che sparano nel web messaggi e filmati del tutto falsi circa fenomeni considerati eccitanti del rancore collettivo- come i reati commessi da extracomunitari, che vengono riprodotti e moltiplicati, oppure circostanze che portano all’affermazione di antisemitismo o di opposizione alle scelte europee a sostegno dell’Ucraina. Dall’altra parte ben più insidiose appaiono le forme di profilazione individuale, in cui si selezionano decine e decine di migliaia di elettori, in zone decisive della nostra mappa elettorale, sensibili o comunque esposti ad una pressione specifica, in base alla tipicità delle loro sensibilità. Su questo specifico aspetto è particolarmente attiva la piattaforma di X, ex Twitter, di Elon Musk che ha lasciato mano libero ai corsari delle fake news, come anche Tik Tok che lavora su temi e con linguaggi più indiretti.
L’Unione Europea è intervenuta più volta, con il commissario al mercato unico Thierry Breton, soprattutto nei confronti di Elon Musk e del suo impero. Ma il nodo rimane, come timidamente la normativa europea ha provato a regolamentare, con un provvedimento che entrerà in vigore solo fra un anno e mezzo, l’attività di sistemi artificiali che colpiscono sia la massa degli utenti che gli individui. Bisogna rendere la loro attività riconoscibile e circoscrivibile, limitando a temi specifici la loro azione sulla base di una registrazione in un albo dei bot.
In questa prospettiva il ruolo dei giornalisti potrebbe ritrovare vitalità e riconoscimento sociale. Infatti solo loro a trovarsi spalla a spalla con i bot, maneggiando in rete fonti e informazioni alterate e rintracciandone l’origine e la finalità. I giornalisti devono entrare nella contesa diventando uno dei segmenti attivi nella bonifica della rete. Infatti il sistema dell’informazione è ormai un ambito decisivo per la sicurezza nazionale, e il giornalismo potrebbe diventare una risorsa per l’intero sistema paese nel garantirsi piena autonomia e resilienza rispetto alle interferenze politiche ed economiche.
E’ una partita questa che tocca tutti gli ambiti della comunità nazionale, e che non potrà essere solo giocata a colpi di norme e leggi ma deve essere chiaramente contrastata da una mobilitazione culturale e professionale in cui informazione e informatica diventino aspetti e cultura di una piena emancipazione e competitività del nostro paese in questo gorgo della guerra ibrida.