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direttore Paolo Pagliaro

A Como l'esposizione che celebra Plinio il Vecchio

Mostre
Le grandi mostre in programma in Italia e quelle che hanno l'Italia, attraverso i suoi grandi artisti, come protagonista nel mondo. Lo "Speciale mostre" è un viaggio tra capolavori, opere d'avanguardia e sperimentali, pittura e scultura, memoria e identità, storia e filosofia, un tributo all'arte e ai suoi protagonisti e un modo per scoprire quanto di buono fanno le istituzioni nazionali e locali per il nostro patrimonio culturale e di creatività.

A Como l'esposizione che celebra Plinio il Vecchio

Un racconto inedito dedicato alla figura e alla vita di Plinio il Vecchio, dall’antichità ai giorni nostri. In occasione delle celebrazioni del Bimillenario Pliniano, a partire dallo scorso 3 maggio fino al 31 agosto a Como la Fondazione Alessandro Volta presenta la mostra “Il catalogo del mondo: Plinio il Vecchio e la Storia della Natura”, presso l'Ex Chiesa di San Pietro in Atrio e Palazzo del Broletto. Con il coordinamento artistico del Comitato Nazionale per le Celebrazioni dei duemila anni dalla nascita di Plinio il Vecchio e a cura di Gianfranco Adornato, professore di Archeologia presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, l’esposizione ripercorre le vicende di Plinio il Vecchio - cittadino comasco - mettendo in luce la straordinaria fortuna della sua opera attraverso i secoli e la sua attualità nella società contemporanea, impegnata in una profonda riflessione sulla salvaguardia dell'ambiente e sul rapporto dell'uomo con la natura. La mostra si diffonde in città a partire dalle due prestigiose sedi - con un allestimento ricercato a cura dell’architetto Paolo Brambilla - coinvolgendo luoghi cittadini attraverso un percorso open-air, fino al nuovo spazio multimediale Vis Comensis, che ha aperto per la prima volta al pubblico proprio il 3 maggio. Il percorso espositivo presenta oltre quaranta opere provenienti dalle maggiori istituzioni museali italiane, tra cui le Gallerie degli Uffizi, i Musei Vaticani, la Biblioteca Palatina - Complesso monumentale della Pilotta, il Museo Archeologico di Firenze - Direzione Regionale Musei della Toscana, il Museo Archeologico Nazionale di Venezia - Direzione Regionale Musei Veneto, l’Opera della Primaziale Pisana e il Museo Palatino - Parco Archeologico del Colosseo, e dalle principali istituzioni cittadine come la Biblioteca Comunale di Como e la Diocesi di Como. L’esposizione include inoltre opere di artisti contemporanei internazionali del calibro di Luigi Spina, Fabio Viale, Giulio Paolini, Andy Warhol e Cy Twombly, ispirate all’opera e alla storia di Plinio Il Vecchio. L’esposizione è accompagnata dal volume “Il catalogo del mondo: Plinio il Vecchio e la Storia della Natura” edito da 24 ORE Cultura che, grazie a numerosi contributi scientifici di studiosi emeriti, intende celebrare la straordinaria fortuna della vita e dell’opera pliniana attraverso i secoli. Il libro è disponibile presso il bookshop della mostra, nelle librerie e online. (gci)

L’ARTE DI GIOVANNI BATTISTA COSTANTINI RACCONTA LA GRANDE GUERRA

Le opere del pittore Giovanni Battista Costantini (Roma 1872 - 1947), oggi quasi completamente dimenticato, tornano in mostra per omaggiare il suo percorso artistico. La Galleria d'Arte Ponti di Roma, infatti, ospiterà dal 10 maggio all'8 giugno l'esposizione “Le lacrime di guerra”. Giovanni Battista Costantini visse, in ambito professionale, due periodi distinti. Il primo periodo fu quello di un onesto professionista. Formatosi quasi da autodidatta con l’unica guida di un coreografo, Alessandro Bazzani, dal quale ereditò il gusto per la decorazione, procedette spedito, sulle orme di Giulio Aristide Sartorio, verso una pittura “en plain air” caratterizzata da una profonda conoscenza del paesaggio campestre e della vita contadina dell’Agro romano, che gli valse l’ingresso nel Gruppo de "I XXV" della Campagna Romana. Qui, come consuetudine, gli venne dato il nomignolo di “Il Grillo”, per il suo aspetto lungo e magro abbinato però a un fisico scattante. Il secondo periodo coincide con la Prima Guerra Mondiale. Data l'età, il pittore non partecipò come soldato al conflitto, ma seguendo l'esempio del suo amico Sartorio andò a osservare quel che accadeva al fronte e ne rimase sconvolto. Negli anni compresi tra il 1915 ed il 1921 dipinse 45 quadri nei quali con la più cruda realtà descrisse, come un moderno fotoreporter, tutti gli orrori della guerra. La serie, dopo molte controversie, (il pittore non voleva partecipare, vista l’opposizione preconcetta dei nazionalisti - allora già vicini al governo - che lo avevano tacciato di disfattismo) venne esposta alla Prima Biennale di Roma (1921) ove, contrariamente alle aspettative, ottenne un grande successo di pubblico. Uno dei quadri più belli, “La Spia”, vinse così il Primo Premio della Biennale, assicurando al pittore una fama insperata, che gli procurò importanti commissioni. Prima tra tutte una grande pala del Sacro cuore di Gesù per la Chiesa di Santa Maria del Popolo (ove sono custoditi capolavori di Caravaggio, Annibale Carracci, Bernini e Raffaello) sotto la quale nel 1947 il sovrintendente delle Belle Arti di Roma, Federico Hermanin, pronunciava l’orazione funebre all’amico pittore appena morto. Una quindicina di quelle opere, presentate a suo tempo alla Biennale Romana, sono state ora ritrovate dal gallerista Alessio Ponti che ha deciso di metterle in mostra, a monito ancora oggi valido della bestialità di tutte le guerre. Il catalogo è curato da Maurizio Berri, da sempre studioso del Gruppo de "l XXV" della Campagna Romana. (gci)

PROROGATA "LA POESIA TI GUARDA", CHE RACCONTA IL GRUPPO 70

Prorogata per tutta l’estate la mostra tributo dedicata al sodalizio artistico che ha teorizzato e praticato la "poesia visiva". Alla Galleria d'Arte Moderna di Roma viene prorogata fino al 15 settembre "La poesia ti guarda. Omaggio al Gruppo 70 (1963-2023)", la mostra a cura di Daniela Vasta che celebra, in occasione della ricorrenza dei sessant’anni dalla nascita del Gruppo 70, uno dei sodalizi artistici più interessanti sorti nel contesto delle neoavanguardie e delle ricerche verbovisuali italiane. Il Gruppo 70 è, infatti, il sodalizio artistico che ha interpretato in modo più completo e coerente in ambito italiano il movimento internazionale della poesia visiva. Tra le neoavanguardie è stata quella che maggiormente ha avuto un carattere ibrido e multilinguistico, situandosi in una suggestiva "terra di mezzo" fra la scrittura e l’immagine, fra le arti visive e la poesia. L'arte veniva intesa e problematizzata, più in generale, come parte del complesso sistema della comunicazione. Il percorso espositivo alla Galleria d’Arte Moderna si concentra sulle opere degli anni Sessanta e Settanta, con un particolare richiamo al periodo 1963-1968, in cui si collocano i due convegni “fondativi”, ovvero "Arte e comunicazione" (Firenze, Forte del Belvedere, 24-26 maggio 1963) e "Arte e tecnologia" (Firenze, Forte del Belvedere, 27-29 giugno 1964), fondamentali per comprendere il retroterra teorico del gruppo e l’intenzione – elaborata ad ampio spettro da semiologi, sociologi, scrittori, musicisti e artisti – di immettere l’arte nel più ampio territorio della comunicazione, in un confronto diretto con la modernità. Attraverso una selezione di opere verbovisuali dei due fondatori Eugenio Miccini (1925-2007) e Lamberto Pignotti (1926) – alcune opere del quale provengono dalla collezione della Galleria d’Arte Moderna – e di Ketty La Rocca (1938-1976), Lucia Marcucci (1933), Luciano Ori (1928-2007), Roberto Malquori (1929) e Michele Perfetti (1931-2013), la mostra illustra le scelte poetiche ed estetiche e le modalità espressive del gruppo, con particolare riferimento alle loro tecniche predilette come il collage, il décollage e il fotomontaggio. Le opere, per lo più inedite e/o poco conosciute al grande pubblico, provengono dalla collezione della Galleria d'Arte Moderna, dall'Archivio Carlo Palli di Prato, tra le principali raccolte italiane di poesia visiva, dal MART di Rovereto, dall'Archivio Lamberto Pignotti di Roma, dalla Fondazione Bonotto di Colceresa (VI) e da altre prestigiose collezioni private. Accompagnano il percorso espositivo poesie sonore e cinepoesie, libri d'artista e documenti che illustrano in vario modo le premesse teoriche, le ragioni poetiche e gli esiti espressivi del Gruppo 70. La mostra è promossa da Roma Capitale, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, in collaborazione con l’Archivio Carlo Palli di Prato, l’Archivio Lamberto Pignotti di Roma e la Fondazione Bonotto di Molvena (VI). Organizzazione di Zètema Progetto Cultura. È accompagnata da un catalogo edito da De Luca Editori d'Arte, con contributi critici di Daniela Vasta, Patrizio Peterlini e Lucilla Saccà, un'intervista inedita a Lamberto Pignotti a cura di Claudio Crescentini e apparati bio-bibliografici a cura di Elena Rosica. (gci)

A VENEZIA GLI SCATTI DI AURELIO AMENDOLA SU BURRI, VEDOVA E NITSCH

Per la mostra fotografica "Amendola. Burri, Vedova, Nitsch: Azioni e gesti", prodotta da Fondazione Emilio e Annabianca Vedova in collaborazione con Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri e la curatela di Bruno Corà, dallo scorso 4 maggio al 24 novembre lo Spazio Vedova a Venezia ospiterà gli scatti del grande fotografo pistoiese Aurelio Amendola, che raccontano il lavoro di tre protagonisti assoluti dell’arte nel Novecento. In oltre sessant’anni di carriera, Amendola si è dedicato con passione ai ritratti degli artisti nei loro atelier; un’intuizione che lo ha guidato, in tempi e luoghi diversi, alla realizzazione delle fotografie dedicate ad Alberto Burri, Emilio Vedova ed Hermann Nitsch che compongono questa esposizione, maturando l’idea di una mostra sulle loro azioni e sui loro gesti. Tre opere integrano la selezione fotografica: Plastica M1, 1962 di Alberto Burri, Non Dove/Breccia 1988 III (op. 1 – op. 2), 1988 di Emilio Vedova e infine 18b.malaktion, 1986 di Hermann Nitsch. Il rapporto tra Emilio Vedova e il fotografo Aurelio Amendola è documentato dalle sequenze dedicate all’artista e al suo lavoro nello studio; un dettaglio che crea un particolare effetto di “salto nel tempo” è che lo spazio espositivo, con le pareti di mattoni a vista pitturati di bianco, è lo stesso in cui si muoveva Vedova mentre Amendola scattava. Nelle foto di Amendola, la gestualità di Vedova si apre in una sconfinata varietà di interventi, in cui solchi, incisioni, sovrapposizioni, schizzi e grumi di materia mantengono la tensione pittorica costante. Così come solo la luce del fotografo illumina Burri mentre opera la combustione e ferma l’istante delle azioni di Nitsch con la sua dirompente volontà di liberazione del corpo e dello spirito. "Amendola. Burri, Vedova, Nitsch: Azioni e gesti" è una mostra emblematica dell’attività di Amendola: attraverso le stampe fotografiche di grandi dimensioni, il fotografo entra in dialogo con le opere di Burri, Vedova e Nitsch. Il progetto espositivo restituisce la straordinaria capacità del fotografo di lasciare parlare, con le sue immagini, gli artisti e il loro lavoro. "A Venezia la Fondazione Vedova completa l’esperienza espositiva realizzata in collaborazione con gli Ex Seccatoi del Tabacco di Città di Castello, città natale di Alberto Burri, e con il Museo Nitsch di Napoli, dove Hermann Nitsch ha lavorato a lungo, proseguendo il percorso tracciato dagli artisti anche nella loro costante frequentazione tra Roma, Venezia, altri luoghi e diverse manifestazioni", dichiara il curatore, Bruno Corà. Prosegue Alfredo Bianchini, presidente della Fondazione Vedova: "L'esposizione pone in evidenza le diverse modalità 'operative' dei tre artisti e dei loro atteggiamenti espressivi e, al tempo stesso, fornisce al più vasto pubblico un ampio spettro di indagine delle caratteristiche di un grande fotografo italiano che con i tre maestri stabilì una amicizia durevole, reciprocamente proficua". (gci)

"ROMAGNA SFIGURATA": A FORLI' L'ESPOSIZIONE RACCONTA L'ALLUVIONE DEL MAGGIO 2023

Proprio un anno fa, nel maggio 2023, un vasto territorio compreso fra i comuni del circondario imolese fino a quelli del territorio cesenate, venne colpito da una disastrosa alluvione che, oltre ai danni immediati a persone e abitazioni all’interno delle città, ha creato un progressivo dissesto nelle colline circostanti, attraverso frane ed erosioni, quantificate dai geologi della Regione Emilia-Romagna in circa 80.000. Per ricordare questa grave calamità naturale, le sale espositive del Palazzo del Monte di Pietà, sede della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, ospiterà dallo scorso 4 maggio fino al 16 giugno la mostra "Romagna sfigurata" della fotografa forlivese Silvia Camporesi. L’esposizione, un reportage dall’importante valore artistico che documenta l’impatto ambientale delle frane e rivela una evidente e inevitabile modifica del paesaggio agrario e boschivo, è il frutto di un progetto promosso dalla Associazione Nuova Civiltà delle Macchine APS di Forlì, sulla base di un’idea sviluppata dalla stessa fotografa insieme con l’architetto paesaggista Sauro Turroni (consulente scientifico e curatore della mostra), sostenuto da Strategia Fotografia 2023 promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. La mostra presenta 30 immagini, 20 delle quali andranno ad arricchire la collezione fotografica dei Musei di Rimini, ed è l’esito di un lavoro che ha coinvolto una équipe di geologi della Regione Emilia-Romagna, i quali hanno messo a disposizione le mappe delle zone colpite e hanno realizzato un video, attraverso l’uso di droni, che rivela come le frane abbiano modificato il paesaggio. Attraverso numerosi sopralluoghi nei comuni romagnoli, durati oltre sei mesi, Silvia Camporesi ha prodotto una serie di fotografie e di video, con l’obiettivo di evidenziare le profonde modifiche che connotano il nuovo paesaggio della Romagna. Gli esiti di questa rilevazione sono messi a confronto con la documentazione esistente presso l’Istituto Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna, raccolta per la programmazione degli interventi di tutela in Emilia-Romagna e con altri fondi fotografici storici, conservati nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi e in altre collezioni. Grazie a un accordo di collaborazione con l’Ufficio Scolastico Provinciale, gli studenti delle scuole di Forlì e della provincia potranno usufruire di un servizio di visite guidate gratuite su prenotazione. L’esposizione, che vivrà una seconda tappa a settembre alla Galleria dell’Immagine a Rimini, sarà accompagnata da un volume che conterrà, oltre alle fotografie di Silvia Camporesi, i contributi di Sauro Turroni e di Franco Farinelli, uno dei più illustri geografi italiani. Silvia Camporesi (1973), laureata in filosofia, attraverso i linguaggi della fotografia e del video costruisce racconti che traggono spunto dal mito, dalla religione e dalla vita reale. Negli ultimi anni la sua ricerca è dedicata al paesaggio italiano. (gci)

NELLA FOTO. Installation view, Il catalogo del mondo: Plinio il Vecchio e la Storia della Natura. Credit Carlo Pozzoni

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