di Paolo Pagliaro
Nel 1941 sul mappamondo politico i paesi organizzati secondo principi democratici erano solo 11: nel 2000 erano arrivati alla cifra record di 116 , cioè il 69%. Tutto faceva pensare che la tendenza sarebbe continuata inglobando nella democrazia la totalità delle nazioni e invece è accaduto il contrario. La democrazia è entrata in recessione e nel 2018 i paesi che adottavano il sistema democratico erano scesi a 97 su 167, il 58% del totale. Oggi - sulla scia di nuove guerre, crescenti divari sociali e fanatismi identitari – questa perecentuale sembra destinata ad assottigliarsi ulteriormente. Tiene il conto Gabriele Segre, che ha scritto un libro – “La cultura della convivenza”, Bollati Boringhieri – per spiegare come sarebbe possibile convivere preservando le nostre identità. Sono percorsi in apparenza semplici, uno – pensato per i più giovani – consente alla fine di comprendere che una community è cosa molto diversa da una comunità.
Nella prefazione, Luciano Canforta scrive che proprio le epoche di particolare ferocia possano suscitare per reazione pensieri di fratellanza, o almeno di convivenza.
Ed è ciò che pensa anche Martin Wolf – columnist del Financial Times, definito il “miglior giornalista finanziario del mondo” - autore di un saggio sulla "Crisi del capitalismo democratico" proposto in Italia da Einaudi. Di fronte alla constatazione che l'homo sapiens sa essere stupido e butale, anche Wolf, come il filologo marxista, pensa che gli unici a rialzare la testa saranno i figli delle catastrofi. Dai quali si attende che rianimino il sistema garantendo sicurezza per chi ne ha bisogno e fine dei privilegi speciali per pochi.
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