di Paolo Pagliaro
Par di capire che tra le urgenze della nuova politica governativa ci sia anche la ricostruzione dell’identità nazionale, che dicono si sia smarrita. Se è così, è bene mettersi all’ ascolto perché domattina alle 10 e 12 minuti la campana dell’orologio di piazza della Loggia, a Brescia, batterà otto rintocchi. A quell’ora saranno passati 50 anni dall’attentato che insanguinò la piazza e gli otto rintocchi ricorderanno altrettante vite spezzate, quelle di due operai, un pensionato e cinque insegnanti poco più che trentenni, tutti iscritti alla Cgil Scuola. Quel 28 maggio 1974 erano in piazza della Loggia insieme a migliaia di altre persone per protestare contro una lunga serie di violenze rivendicate dalle Squadre di Azione Mussolini o da sigle analoghe.
I giudici alla fine hanno accertato che la responsabilità della strage fu della destra eversiva incoraggiata da pezzi di forze dell’ordine, di servizi segreti e di apparati della Nato. Ma non è bastato mezzo secolo per dare un nome agli esecutori materiali. Uno di loro, che oggi ha 67 anni, verrà processato dal tribunale dei minori, perché ne aveva 17 quando avrebbe piazzato i candelotti nel cestino dei rifiuti sotto i portici della piazza.
Gli esperti di Realpolitk ci spiegano che allora c’era la guerra fredda, il che spiegherebbe molti misfatti, da piazza Fontana alla mancata liberazione di Moro. Spetterà ancor una volta al presidente Mattarella, domani a Brescia, il compito di ricordarci che anche quelle di piazza della Loggia non furono vittime di un gioco più grande di loro ma persero invece la loro vita per migliorare la nostra.
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