di Paolo Pagliaro
La Volkswagen produce 500 mila vetture di troppo. Sono supertecnologiche, progettate in vista della riconversione elettrica, offerte a prezzi scontati: ma nessuno le compra.
500 mila auto sono un’enormità, equivalgono a un terzo di tutte le auto vendute in un anno in Italia. Per bloccare la sovraproduzione i manager della più grande casa automobilistica del mondo dopo Toyota stanno pensando di chiudere due fabbriche, mentre al capezzale del malato gli specialisti si dividono sulle cause di una crisi che riguarda sempre più anche il nostro paese. Sul banco degli imputati ci sono la concorrenza cinese e quella americana, i dazi, le materie prime, le politiche green, le difficoltà del ceto medio.
Viene invece trascurato un fenomeno - quello della disaffezione dei giovani per l’automobile – a cui probabilmente si deve una quota significativa di tutto quell’invenduto. Secondo l’università di Yale il 70% degli adolescenti americani – usciti dal tunnel del covid –ha rinviato di almeno un anno la decisione di prendere la patente. Qualcosa del genere si è registrato negli ultimi due anni anche tra i ragazzi italiani, francesi, spagnoli. Pare che per i più giovani – in attesa dei motori puliti - le priorità siano altre. Lo aveva intuito Domenico De Masi, il sociologo visionario scomparso un anno fa. Nelle “Conversazioni sul futuro” stimolate e ora pubblicate da Giulio Gambino per l’editore Paper First, De Masi aveva previsto che i bisogni quantitativi – accumulare soldi, potere e oggetti – sarebbero stati via via soppiantati dai bisogni qualitativi, che sarebbero l’introspezione, l’amicizia, l’amore, il gioco, la bellezza e la convivialità. Tutte cose che la generazione Z apprezza e per le quali non serve la patente.