“Oggi non sono libero perché il sistema ha funzionato. Sono libero oggi dopo anni di carcere perché mi sono dichiarato colpevole di aver fatto giornalismo": così Julian Assange, fondatore di WikiLeaks, nel suo primo intervento pubblico dopo la liberazione avvenuta a giugno, in un'audizione al Consiglio d'Europa. Assange ha trascorso gli ultimi 14 anni privo di libertà, inizialmente rinchiuso nell'ambasciata dell'Ecuador a Londra e poi detenuto a Belmarsh, una prigione vicino alla capitale britannica. Negli Stati Uniti Assange era accusato di aver violato l’Espionage Act, una legge contro lo spionaggio, per via della diffusione di documenti riservati tramite WikiLeaks, rischiando complessivamente fino a 175 anni di carcere. I suoi avvocati hanno patteggiato una condanna di cinque anni con le autorità Usa, già scontati nel Regno Unito. "Ho finito per scegliere la libertà piuttosto che una giustizia irraggiungibile dopo essere stato in detenzione per anni e aver rischiato una condanna a 175 anni senza alcuna reale possibilità di ricorso" ha detto il giornalista australiano, aggiungendo: "I giornalisti non dovrebbero essere perseguiti per aver svolto il loro lavoro. Il giornalismo non è un reato, è il pilastro di una società libera e informata. La criminalizzazione della raccolta di informazioni rappresenta una minaccia per il giornalismo investigativo. Sono stato formalmente condannato da un Paese straniero per aver richiesto, ricevuto e pubblicato informazioni comprovate su quel Paese mentre ero in Europa". L'udienza è stata promossa dalla Commissione per gli affari giuridici e i diritti umani dell'Assemblea del Consiglio d'Europa, nel contesto di una relazione sull'argomento. In un recente progetto di risoluzione, basato sullo stesso rapporto, il comitato ha espresso profonda preoccupazione per il trattamento sproporzionatamente duro riservato ad Assange, mettendo in guardia dal suo “effetto agghiacciante” e ha invitato gli Stati Uniti, uno stato osservatore del Consiglio d’Europa, ad indagare su presunti crimini di guerra e violazioni dei diritti umani rivelati da Assange e da Wikileaks. La commissione ritiene che le "accuse sproporzionatamente dure" mosse contro di lui dalle autorità statunitensi, nonché le severe sanzioni previste dall'Espionage Act per la produzione di lavoro giornalistico, rientrino nei criteri stabiliti in una risoluzione dell'Assemblea del 2012 sulla definizione di "prigioniero politico". Domani l'Assemblea – che riunisce i parlamentari dei 46 Stati membri del Consiglio d'Europa – dovrà discutere e votare il progetto di risoluzione del comitato.
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