di Paolo Pagliaro
Si è votato domenica nella piccola Moldavia e si voterà il 5 novembre negli Stati Uniti, due eventi distanti e incomparabili salvo che per un aspetto e cioè i tentativi di condizionare il voto comprandolo.
In Moldavia l’oligarca Ilan Shor – giovane banchiere condannato per riciclaggio e oggi in esilio tra Mosca e Tel Aviv – avrebbe investito 15 milioni di euro per convincere 130mila elettori a sostenere il candidato filorusso, alla fine sconfitto di misura. Il sistema di compravendita dei voti è stato denunciato da funzionari dell’Unione Europea e dal portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, che ha accusato il Cremlino di essere il mandante.
Ma non è che negli Stati Uniti i metodi siano molto diversi. Qui sono diverse solo le cifre visto che l’acquirente si chiama Ilon Musk ed è – allo stato - l’uomo più ricco del pianeta. Musk sorteggia un americano al giorno e gli dona 1 milione di dollari a condizione che l’elettore abbia firmato una petizione lanciata dall’ organizzazione pro Trump. L’obiettivo è ottenere gli indirizzi e il supporto di almeno un milione di indecisi negli Stati in bilico. Il proprietario di Tesla, di seimila satelliti e di X un tempo Twitter, ha investito già mezzo miliardo di dollari per sostenere l’amico repubblicano e – in nome della libertà di parola - ha trasformato il proprio social network in una cassa di risonanza per ogni genere di falsità riguardante Kamala Harris. Sono le nuove frontiere della politica, dalla Moldavia agli Stati Uniti.