di Paolo Pagliaro
Il Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes nacque nel 2006, quando gli iscritti all’anagrafe degli italiani residenti all’estero erano poco più di 3 milioni. Ora sono il doppio, il che vuol dire che ormai oltre il 10% degli italiani vive fuori dall’Italia. Migrantes – che in questi giorni ha presentato il suo 19esimo rapporto - vide per tempo e fra i primi che non ci si trovava di fronte a una coda delle migrazioni novecentesche ma a un fenomeno nuovo per le sue dimensioni e diverso per la sua qualità. Se ne vanno soprattutto i giovani e soprattutto i più istruiti, tra loro aumenta il numero delle donne; si trasferisono anche tanti nuclei familiari legati o meno da matrimonio. Aumenta il numero dei bambini: la nascita all’estero è diventata la prima tra tutte le motivazioni per cui si viene iscritti all’Aire.
Nell’epoca delle migrazioni, spostarsi è normale. L’estero ha sostituito l’ascensore sociale, quel meccanismo, cioè, che in passato ha consentito a tanti giovani il cambiamento in un’ Italia caratterizzata da una società dinamica e in crescita. Ora l’ascensore è bloccato, ed è inevitabile andarsene. Meno normale è che non si possa tornare.
Il Rapporto dedica pagine ricche di dati al fenomeno dei rimpatri, che ci sono ma sono pochi, una sorta di bassa marea in attesa di un’ ondata che non arriva mai. E quando alle partenze non corrispondono i ritorni, si accentua la desertificazione di territori privati delle menti e delle braccia più produttive e creative. E’ quella che il Rapporto curato da Delfina Licata chiama “ferita migratoria”, di tutte le lesioni sociali forse la più trascurata.
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