di Paolo Pagliaro
C’è stato un tempo in cui i figli potevano essere definiti illegittimi, con ulteriori sottili distinzioni tra figli naturali, figli adulterini, figli di n.n., figli incestuosi. Tutte distinzioni che privavano di diritti bambini e bambine che avessero la disgrazia di trovarsele addosso. Si è andati avanti così fino al 2013 quando una riforma del governo Letta ha cancellato definitivamente le differenze tra naturali e legittimi, che finalmente sono diventati tutti semplicemente «figli».
Adesso però la discriminazione e lo stigma si ripropongono nei confronti di chi viene al mondo grazie a una forma di procreazione assistita come la gravidanza per altre persone, che da questa settimana in Italia è vietata per legge anche quando si realizza in uno dei 65 Paesi in cui è invece consentita. Nasceranno dunque dei bambini figli di un reato che il Parlamento italiano ha voluto definire universale, quando non lo è affatto.
In un libro pubblicato da Bollati Boringhieri e intitolato appunto “Gravidanza per altre persone” , Eva Benelli ci consente di fare chiarezza su un tema delicato e divisivo. Dal libro emerge un mosaico di realtà, consolidate ormai da decine di anni, in cui sono nate e cresciute persone, si sono create famiglie che prima non c’erano, sviluppati rapporti umani e relazioni. E si sono ovviamente messi in moto anche interessi economici. Il libro ci dice chi sono le donne che accettano di condurre una gravidanza per altri, e soprattutto cosa pensano i giovani adulti venuti al mondo con la procreazione assistita.
D’accordo, sono poche persone. Ma si tratta pur sempre di diritti, e se non sono per tutti – osserva Eva Benelli - che diritti sono?
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