di Paolo Pagliaro
Al giornalista Francesco Erbani, autore di un reportage per la rivista Internazionale, un ragazzino di undici anni confessa che il suo divertimento a largo Mengaroni – l’unica piazza del quartiere romano di Tor Bella Monaca – era fare a pezzi le panchine di cemento e mirare con la fionda ai lampioni, mentre intorno rombavano le moto degli spacciatori. Adesso tutto questo non accade più perché a largo Mengaroni è stata rifatta la pavimentazione, i paletti impediscono l’accesso alle moto, sono stati piantati nuovi alberi, ci sono un campo di basket, una pista per lo skateboard e un palco per allestire spettacoli. L’intervento finanziato dalla fondazione Paolo Bulgari è frutto di uno dei tanti patti di collaborazione tra cittadini e amministrazione pubblica che stanno cambiando il volto delle periferie. Decine di migliaia di volontari che si prendono cura delle cose di tutti - dalle piazze ai giardini, dalle scuole ai beni culturali - sono una grande risorsa sommersa, e anche un modo diverso di fare politica.
Il valore della coesione sociale si rintraccia anche in situazioni di conflitto come quella di uno stabilimento occupato dai dipendenti rimasti senza lavoro. Accade a Campi Bisenzio, nei pressi di Firenze. Lì il 9 luglio 2021, i 422 dipendenti della Gkn, fabbrica che produce semiassi per l’industria automobilistica, ricevono una mail con la quale viene comunicato il licenziamento collettivo per cessazione di attività. Comincia allora la lotta operaia più lunga degli ultimi decenni, sostenuta da tutta la comunità. Dura ancora oggi, può avere successo e Dario Salvetti con Gea Scancarello la raccontano in un libro edito da Fuoriscena col titolo “Questo lavoro non è vita”. Anche in questo caso la morale è che nessuno si salva da solo.
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