Non siamo solo un paese di pizza spaghetti mandolini baffi e mafia. Avevamo anche un Pirata. Un principe della scalata, uno che aveva il cuore nelle gambe e la forza di un leone. A Cesenatico c’è un monumento commemorativo: l’atleta bronzeo, su una rupe ideale che termina verticalmente, come se fosse il ciglio di un precipizio. E’ una scultura, ma ha il pregio di rendere statica la condizione permanente che Marco Pantani ha avuto in vita: in vetta sì, ma anche sempre sul baratro. A Gianni Mura che gli chiedeva: “Marco, perché vai così forte in salita?”, il corridore aveva risposto: “Per abbreviare la mia agonia”. Il ciclismo è uno sport massacrante, per alcuni versi impone una perseveranza che tende all’autolesionismo. Per abbreviare l’agonia si farebbe qualsiasi cosa. Anche rischiando di farsi cancellare dalla Storia. E’ l’amaro epilogo della parabola sportiva di Lance Armstrong, privato per doping delle sette maglie gialle al Tour de France, vinte dal 1999 al 2005. Non saranno riassegnate, così è stato deciso, e dunque resterà un buco, un vuoto. Simile alla voragine che ha lasciato quel ragazzo dalla testa lucida coperta da una bandana, quel 14 febbraio del 2004, quando fu trovato morto nella stanza di un residence di Rimini. Aveva vinto un Giro d’Italia e un Tour de France. Trentaquattro anni, depressione, solitudine, overdose di cocaina, e fine della corsa. L’impatto di quella dipartita è stato fortissimo, se lo ricordano tutti, anche quelli che in bicicletta non sanno andare. Moriva lo scalatore, finivamo di sognare ognuno una vetta personale. Fu il valore di ematocrito al di sopra del consentito, riscontratogli durante il Giro di fine millennio, quello del 1999, che gli costò l’esclusione dalla competizione, a gettarlo nello sconforto, non ultimo per il clamore mediatico suscitato dalla vicenda. Anche se tornò in pista, non era più il Pirata che avevamo visto, che c’aveva fatto sgolare. Fu proprio Armstrong, dopo la morte del collega italiano, a dire che Pantani era stato il più grande scalatore di sempre. Quando Marco fu squalificato qualcuno gridò al complotto. Per esempio si racconta che Renato Vallanzasca fosse stato informato cinque giorni prima dello stop del Pirata, da un suo conoscente frequentatore del giro delle scommesse clandestine, che Pantani non avrebbe vinto sicuramente il Giro. Una roba da romanzo forse, che ingigantisce il mito. Per onorare le sue doti di scalatore il Giro d'Italia assegna ogni anno ad una salita il titolo "Montagna Pantani", cosa concessa prima solo a Fausto Coppi, con la "Cima Coppi". Il ciclismo cancella uno dei suoi numi tutelari, Lance Armstrong, mettendo un frego sul suo medagliere. Chi è il migliore? La risposta è nel cuore dei tifosi, più che nelle aule dei tribunali. Ma a guardare la scultura uno un’idea se la fa.
Valerio de Filippis
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