Per mesi, David Grossman non ha trovato le parole. Ha smesso di scrivere qualche mese dopo il 7 ottobre 2023. Per un po’, dopo la strage commessa da Hamas quel giorno, aveva provato a spiegare i sentimenti di Israele e le azioni che a questi sentimenti erano seguite. Le sue parole, soprattutto di fronte all’intensificarsi dei bombardamenti su Gaza e all’aumento del numero delle vittime palestinesi, non erano sempre state accolte con favore. Poi lo scrittore, il cui figlio Uri morì nel 2006 nell’ultimo giorno della guerra di Israele contro Libano, ha smesso affermando: “Non saprei cosa dire. Ho bisogno di prendere le distanze”. Ed ora torna a parlare con una poesia - recitata davanti a circa 100mila persone che manifestavano in piazza a Tel Aviv contro il governo di Netanyahu - di cui parla in una intervista a Repubblica: “Perché con quello che è successo in Israele e a Gaza, dopo i massacri a cui abbiamo assistito, le parole da sole non bastano: non possono contenere tutto”, “è stato come se qualcuno mi prendesse la mano, guidandola: una volta partita, la mano è andata da sola. Quello che ne è uscito fuori è quello che leggete. Non so se definirlo un canto, una preghiera, o un mix fra entrambi. Credo che sia qualcosa di adeguato a una situazione estrema come questa”, “ho raggiunto il punto in cui non ce la faccio più. Questa poesia è il mio urlo”, “di fronte a una situazione insostenibile come quella che viviamo da più di un anno, gridare è giusto”, “da ora in avanti vivremo sempre circondati dall’odio e dalla paura” e “sempre stare in guardia di fronte una possibile esplosione di violenza” con “due popoli distrutti dall’odio e dalla violenza”. E aggiunge: “Probabilmente questo cessate il fuoco sarà l’inizio di una soluzione: non perché questo governo in Israele davvero la voglia, ma perché la pressione di Trump sarà insostenibile e il governo dovrà cedere”, “si è messo in testa che l’obiettivo da raggiungere è la pace in Medio Oriente: e intende raggiungerlo. Ho guardato un’intervista che ha dato l’altro giorno a una televisione americana. Il giornalista gli ha chiesto se davvero pensava che Egitto e Giordania avrebbero accettato di prendersi i palestinesi di Gaza. Ha risposto solo ‘Accetteranno. Accetteranno perché diamo loro un sacco di soldi e ci devono qualcosa in cambio’. È una risposta incredibile, brutale, senza sfumature. Magari questo approccio è quello di cui questi due popoli hanno bisogno: perché mi pare chiaro da soli non possono arrivare a una soluzione”. (4 feb - red)
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