Il 28 novembre 1909, presso il New Theater di New York (poi ribattezzato Century Theatre dalla New York Symphony Society), il trentaseienne Sergej Rachmaninov esegue in prima assoluta, sotto la direzione di Walter Johannes Damrosch, il celebre concerto per pianoforte e orchestra n. 3. E’ il suo omaggio agli Stati Uniti dove aveva accettato di compiere una tournée per accrescere la sua fama come compositore cercando, nel contempo, di trarre qualche guadagno economico dalle sue creazioni. Il tour americano, il primo che lo vede esibirsi in qualità di autore e pianista, riscuote un clamoroso successo che fa balzare Rachmaninov all’attenzione del mondo musicale d’oltreoceano, fruttandogli non solo innumerevoli riconoscimenti ma anche svariate proposte di lavoro, sistematicamente disattese dall’artista, deciso ad anteporre la nostalgia per la sua amata Russia all’ascesa della sua carriera nel nuovo mondo. Scritto nella tranquillità della tenuta di campagna di famiglia, il terzo concerto, rappresenta il tentativo - decisamente riuscito - del musicista, di ripercorrere le orme di successo calcate con il secondo concerto, attraverso una tecnica che mira, stavolta, a facilitare il lavoro del pianista; ne risulta invece un’opera del tutto cucita sulle sue abilità, sia per la continuità della difficoltà tecnica che prevedeva il pianoforte al centro della scena durante l’intera esecuzione, sia per il fatto che il pezzo si attagliasse più ad essere eseguito da mani piuttosto grandi come quelle del suo compositore. Del resto, è curiosità storicamente confermata che Jozef Hofmann, celebre pianista al quale il concerto era dedicato, decise, proprio a causa delle sue mani troppo piccole, di non suonarlo mai. Ma l’opera, uno dei brani che vantano il maggior successo di incisioni discografiche in assoluto e che ha la fama di essere il pezzo più difficile mai scritto irretisce altre e più moderne forme di espressione: nel 1996 diventa la vera protagonista del film Shine dove l’esecuzione del brano, tra l’altro incisa dallo stesso protagonista del film, David Helfgott (che è anche il musicista alla cui vera storia si ispira la pellicola) accompagna la scalata al successo del ragazzo, sino al suo crollo mentale.
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