Tra arte e design: dallo scorso 2 aprile al 3 maggio Fabbrica Eos di Milano, con la Galleria Luigi Proietti, presenta il nuovo progetto di design di Dario Goldaniga. L’esposizione racconta, attraverso una decina di opere, la poetica dell’artista milanese, presentando oltre alle sue celebri sculture e opere da parete – tra cui gli animali, lo squalo, la tigre, lo scorpione, il leone e le sue mappe – i primi esemplari di una nuova ricerca che abbraccia l’ambito del design. Applicando la stessa tecnica delle opere d’arte, Goldaniga ha realizzato una prima serie di oggetti quali tavolini, vasi e lampade che, pur restando fedeli alla sua poetica ed estetica, hanno una funzione di oggetto specifico. Il progetto è stato ideato in collaborazione con Beyond Design Elements, ispirato a quello che è il titolo dell’edizione 2025 della Design Week: “Mondi Connessi”. Una connessione che la mostra vuole presentare tra arte e design, legata dalla materia che caratterizza il suo lavoro nel solco della tecnica della fusione a cera persa, con un utilizzo completamente nuovo e originale del bronzo e una spiccata sensibilità verso il concetto di recupero. Focus del suo lavoro sono infatti le colature di bronzo. I frammenti in eccesso, essenzialmente scarti di lavorazione, chiamati appunto colature, raffreddandosi all’aria, prendono forme contorte, a volte come bruciate e scure. La ricerca di Goldaniga inizia qui, da questi frammenti, o scarti, ognuno dalla forma unica e irripetibile: ne apprezza le forme casuali e le seleziona per trovare “lo scarto” che gli interessa, che poi assemblerà ad altri selezionati alla stessa maniera per creare una nuova opera. In tal modo l’artista, con il suo lavoro, è come se desse a tali scarti una seconda possibilità per sublimarsi in opere d’arte. Non si tratta solo di un’azione di recupero o di riciclo, ma di una sorta di “resurrezione” della materia stessa. Gli scarti di bronzo diventano la materia costruttiva con cui da sempre dà vita alle sue sculture: astri, animali, mappamondi e le famose World Map, prevalentemente immagini appartenenti al mondo naturale. Il critico Ivan Quaroni di Dario Goldaniga ha scritto: “Come il bricoleur di Claude Levi Strauss, antropologo autore de Il pensiero selvaggio, Goldaniga usa ciò che ha a disposizione, ciò che trova nell’immediato intorno della sua esperienza, per farne l’oggetto di una trasformazione (e di una trasmutazione) che solo riduttivamente possiamo definire estetica, ma che, invece, concerne lo sviluppo di una visione più olistica del cosmo e della natura”. Per Goldaniga: “La mia vita di artista e di insegnante, comincia proprio dai particolari che vedo e da come li vedo, la ricerca di un rapporto tra particolare e generale, tra piccolo e grande, tra parte e tutto, tra casuale e causale”. Dario Goldaniga nasce a Milano nel 1960, dove vive e lavora, alternando la produzione scultorea all’insegnamento di Discipline Plastiche presso il Liceo Artistico Fondazione Sacro Cuore. Si è diplomato alla Nuova Accademia di Belle Arti NABA, dove ha avuto come maestri Kengiro Azuma, Carlo Mo e Gianni Colombo con il quale ha collaborato come assistente. Le sue opere si trovano in numerose e importanti collezioni Italiane private e pubbliche (Fondazione Bracco, Museo CAM Casoria, Regione Lombardia, Fondazione Rocco Guglielmo) nonché estere (Collezioni private a Hong Kong, Singapore, Londra, Mumbay). (gci)
BOLOGNA, A PALAZZO BENTIVOGLIO IL BIDONE ASPIRATUTTO DI FRANCESCO TRABUCCO E MARCELLO VECCHI
Il nuovo appuntamento di garage BENTIVOGLIO nasce da un’importante collaborazione, quella con la Triennale di Milano, che ha concesso in prestito un oggetto che forse alcuni ricordano di aver avuto nelle proprie case. È il Bidone Aspiratutto che Francesco Trabucco e Marcello Vecchi realizzano per Alfatec nel 1975: un prodotto fondamentale per le sorti dell’azienda di cui diventa ben presto il best-seller, che sarà a Palazzo Bentivoglio a Bologna fino al 26 aprile. Con l’assemblaggio di pochi elementi già esistenti, il Bidone Aspiratutto riesce ad attraversare l’immaginario collettivo ed essere protagonista dell’universo domestico anche quando non in funzione. Il colore verde e le grandi scritte bianche lo fanno sembrare un oggetto appena ripescato dai negozi di surplus militare, che in quegli anni sono oramai diventati di gran moda per rifornirsi di abbigliamento a basso costo. Il successo è immediato, anche grazie a una comunicazione estremamente pop: in una pubblicità dei primi anni Ottanta il lungo tubo aspirante avvolge le sue spire intorno al corpo di una giovane donna alla stregua di un Laocoonte, strappandole un malizioso sorriso. Si tratta dunque di un omaggio che questa vetrina di Palazzo Bentivoglio ospita attivando ancora una volta un cortocircuito. L’oggetto celebrato infatti sembra quasi timidamente nascosto, ma il grande specchio dorato vuole invece metterlo al centro della scena e con tutti gli onori, ricordando come da allora le macchine, protagoniste indispensabili della nostra quotidianità, siano uscite da intercapedini e armadi, diventando seducenti e definitivamente desiderose di essere guardate. L’ispirazione e il riferimento arrivano da lontano. Nei primi anni Settanta un gruppo di giovani architetti vince il concorso per la realizzazione del nuovo centro culturale di Parigi, con un progetto destinato a cambiare i paradigmi museali del secondo Novecento. La lunga facciata su rue du Renard e Rue Beauborg è risolta alla stregua di un enorme modello anatomico: per i passanti è possibile vedere il grande funzionamento della macchina architettonica, poiché tutti i sistemi distributivi, funzionali ed energetici sono portati in primo piano, lasciano dietro di sé i piani del museo totalmente liberi e senza interruzioni: è il Centre Pompidou di Parigi. “Renzo Piano e Richard Rogers, coadiuvati da Giancarlo Franchini, Su Rogers, Edmund Happold e Peter Rice, portano così a compimento il sogno lecorbuseriano del plan libre ed elevano l’intero edifico a monumento della macchina moderna, non più obbligata a nascondersi tra i muri di tamponamento - spiega il curatore Davide Trabucco - Così anche il Bidone Aspiratutto negli stessi anni esce dagli sgabuzzini delle case per farsi ammirare, ancora oggi”. (gci)
GLI SCATTI DI VALERIO BISPURI ESPOSTI A PISA
Celle, corridoi, sguardi. È un viaggio potente e intimo quello proposto dalla mostra fotografica “Prigionieri” di Valerio Bispuri, fotoreporter di fama internazionale, in programma dal 12 al 29 aprile a Palazzo Toniolo (Piazza Toniolo 4, Pisa). L’esposizione – a ingresso gratuito – sarà visitabile tutti i giorni dalle ore 16 alle 19 e la domenica anche al mattino, dalle 10 alle 13. (gci)
“VORTICE COSMICO”: A RAVENNA LA PERSONALE DI ANDREA RACCAGNI
Il 17 aprile, alle ore 18, la Fondazione Sabe per l’arte presenta “Vortice cosmico”, mostra personale dell'artista Andrea Raccagni (Imola, 1921-2005), realizzata con il patrocinio del Comune di Ravenna e del Dipartimento di Beni Culturali dell'Università di Bologna - Campus di Ravenna e in collaborazione con l'Accademia di Belle Arti di Ravenna. Esponente di spicco dell’Informale italiano, Andrea Raccagni è stato un protagonista del panorama artistico nazionale per oltre cinquant’anni. Si dedica alla pittura dal 1941, frequentando gli studi dei pittori Tommaso Della Volpe e Anacleto Margotti a Imola e, saltuariamente, quello di Giorgio Morandi a Bologna. Espone in mostre nazionali e internazionali dal 1948, riportando premi e segnalazioni. Tiene numerose personali in varie città italiane, tra cui Ravenna, presentate da critici come Francesco Arcangeli, Renato Barilli, Flavio Caroli, Gillo Dorfles, Claudio Spadoni e altri. Un aspetto centrale della sua ricerca è l’impiego di materiali insoliti, dal ferro al poliuretano, dalle lamiere ai copertoni, dalle lampadine elettriche a elementi naturali, organici e inorganici, come foglie, sassi, muschi e tralci di vite. A vent’anni dalla scomparsa, la Fondazione Sabe intende ricordare l’artista evidenziando una peculiarità della sua ricerca plastica, la capacità di solidificare entità gassose altrimenti inconsistenti. Una capacità dimostrata nei Liberi attraverso l’interpretazione del tema cosmico, declinato nelle forme della sfera, della spirale, della nebulosa e della galassia, o di esplosioni nucleari, nella serie dei Funghi di Chernobyl. Una scelta che riflette l’esigenza tutta novecentesca di alleggerire la scultura, di sottrarla alla sua tradizionale grevità per ripensarla in soluzioni dinamiche ed eteree. Claudio Spadoni è storico dell’arte e curatore. Allievo di Francesco Arcangeli all’Università di Bologna, è stato docente di Storia dell’Arte e direttore dell’Accademia di Belle Arti di Ravenna. È stato inoltre critico per Il Resto del Carlino e per QN, collaborando al contempo con diverse riviste specialistiche. Ha fatto parte dei comitati scientifici di diverse istituzioni, tra cui la Biennale di Venezia, la Quadriennale di Roma e Arte Fiera di Bologna. Dal 2002 al 2014 ha diretto il MAR – Museo d’Arte della Città di Ravenna, per il quale ha realizzato mostre sulla storia dell’arte moderna e contemporanea. Fondazione Sabe per l’arte ETS nasce nel novembre 2021 con l’obiettivo di promuovere e diffondere l’arte contemporanea – con particolare attenzione alla scultura – nella città di Ravenna attraverso mostre, incontri, proiezioni e altre attività culturali. Presieduta da Norberto Bezzi e da Mirella Saluzzo, si avvale della consulenza di un comitato scientifico coordinato da Francesco Tedeschi, docente di storia dell’arte contemporanea presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, e composto dai professori dell’Università di Bologna Claudio Marra, Federica Muzzarelli e Claudio Spadoni, già direttore del Museo d’Arte della città di Ravenna. La direzione artistica è affidata a Pasquale Fameli, critico d’arte e studioso dell’ateneo bolognese. Sita a pochi passi dal MAR – Museo d’Arte di Ravenna, a Fondazione si dedica inoltre alla catalogazione delle opere di Mirella Saluzzo e alla costituzione di una biblioteca specializzata sulla scultura contemporanea. (gci)
BFF GALLERY DI MILANO PARTE CON “BAJ + MILTON “PARADISO PERDUTO”
Dallo scorso 3 aprile ha aperto a Milano BFF Gallery, il nuovo museo dedicato all’arte moderna e contemporanea all’interno di Casa BFF, la sede centrale di BFF Bank progettata da OBR - Open Building Research. BFF Gallery è un gesto di responsabilità verso la collettività e verso il patrimonio culturale del nostro Paese, e nasce dal desiderio di restituire alla società parte del valore che BFF genera. Accessibile gratuitamente, il museo ha l’obiettivo di creare un nuovo apprezzamento per l’arte quale stimolo di innovazione, e un sistema virtuoso di scambio e condivisione di conoscenze che favorisca il dialogo e offra al pubblico una programmazione completa, accessibile, e di alto valore scientifico. “BFF Gallery nasce dal desiderio di creare, all'interno di Casa BFF, uno spazio che favorisca la connessione tra le persone e la trasmissione di conoscenze - dichiara Massimiliano Belingheri, Amministratore Delegato di BFF Banking Group - Abbiamo deciso di farlo attraverso un museo, partendo dalla collezione di arte moderna e contemporanea che ha accompagnato la storia di BFF sin dagli inizi. Ci auguriamo che chiunque visiterà questo nuovo luogo possa riscoprire l'arte come strumento unico di dialogo con gli altri e di stimolo all’innovazione e alla crescita”. A inaugurare la sede espositiva è la mostra “Baj + Milton ‘Paradiso Perduto’ i paradossi della libertà”, a cura di Maria Alicata e Giovanni Carrada, visitabile dallo scorso 3 aprile al 17 ottobre. La mostra espone la serie completa delle quaranta acqueforti realizzate da Enrico Baj per illustrare il Paradiso perduto di John Milton, pubblicate nel 1987 in un libro d’artista da Mastrogiacomo editore con l’introduzione, la selezione e le traduzioni di alcuni versi a cura di Roberto Sanesi. Si tratta di uno tra i progetti meno conosciuti nella produzione di Baj, che racconta il suo rapporto con la letteratura. Attraverso gli immaginari dell’artista e il suo segno unico, le quaranta acqueforti ripercorrono alcuni temi centrali dell’opera di Milton - che, nei suoi oltre 10.000 versi sciolti, racconta le origini dell’Umanità dalla creazione di Adamo alla cacciata dall’Eden - proponendo un’occasione di riflessione sulla condizione umana e sui paradossi che sfidano molte delle nostre intuizioni spontanee sulla libertà. Introducono la mostra alcune delle suggestive sagome che compongono l’Apocalisse (1978-2001), opera dello stesso artista, grazie alla collaborazione con l’Archivio Enrico Baj di Vergiate. Il progetto di BFF Gallery è in continuità con altre iniziative del Gruppo portate avanti durante gli scorsi anni. Tra queste, l’esposizione proprio del Paradiso perduto di Baj a Lisbona, presso la Biblioteca di Palacio Galveias, ultima tappa di una mostra itinerante in Europa nell’ambito del progetto Art Factor, con protagoniste alcune opere della collezione BFF. La Collezione d’arte contemporanea di BFF Banking Group è stata avviata negli anni Ottanta e comprende, ad oggi, circa 250 opere di artisti, fra i quali Valerio Adami, Franco Angeli, Enrico Baj, Alberto Burri, Alik Cavaliere, Hsiao Chin, Lucio Del Pezzo, Lucio Fontana, Gianfranco Pardi, Arnaldo Pomodoro, Giò Pomodoro, Mario Schifano, Emilio Tadini, Joe Tilson e molti altri. Dal 2021 la collezione di arte italiana è stata oggetto - oltre che del progetto Art Factor - di due volumi d’arte e di una mostra itinerante negli Stati Uniti, sotto il patrocinio del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e del Ministero della Cultura. Partner della mostra sono Dotdotdot, che ha curato il progetto espositivo e il progetto grafico e Open Care – Servizi per l’Arte per la logistica, la conservazione e il restauro. Di Reading Room è la curatela editoriale della Library: una selezione di magazine che riflette le tendenze contemporanee in ambito culturale, artistico e progettuale, disponibile per la consultazione. Artemide è partner del progetto per l’illuminazione. (gci)
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