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direttore Paolo Pagliaro

IN DARFUR EMERGENZA
PER VIOLENZE SESSUALI

IN DARFUR EMERGENZA <BR> PER VIOLENZE SESSUALI

Nella regione del Darfur, in Sudan, donne e ragazze vivono con il rischio costante di subire un’aggressione sessuale. Lo denuncia Medici Senza Frontiere. L’effettiva portata di questa emergenza è difficile da stabilire, a causa della scarsità di servizi disponibili e degli ostacoli da affrontare per le sopravvissute nel ricevere cure o perfino parlare di quello che hanno subito. Tutte le donne che si rivolgono ai team di MSF in Darfur e in Ciad, che ospita centinaia di migliaia di rifugiati sudanesi, raccontano storie scioccanti di stupri e violenze brutali. La portata della sofferenza è inimmaginabile, e anche uomini e ragazzi sono a rischio. “Donne e ragazze non sono al sicuro da nessuna parte. Vengono aggredite dentro le loro case, mentre fuggono, cercano cibo o legna da ardere o lavorano nei campi. Ci raccontano di sentirsi in trappola” dichiara Claire San Filippo, coordinatrice delle emergenze di MSF in Sudan. “Parliamo di aggressioni sessuali spietate, spesso di gruppo. Tutta questa violenza è inaccettabile, deve finire. La violenza sessuale non è una conseguenza naturale o inevitabile della guerra, può costituire un crimine di guerra, una forma di tortura e un crimine contro l'umanità. Le parti in conflitto devono assumersi le proprie responsabilità e proteggere i civili. I servizi di assistenza alle sopravvissute devono essere potenziati quanto prima, per garantire cure mediche e supporto psicologico adeguato”. “Un gruppo di uomini ha fatto irruzione di notte per violentare le donne e portar via tutto, anche gli animali. Gli uomini si sono nascosti nei bagni o in stanze chiuse a chiave, altrimenti li avrebbero uccisi. Per noi donne non c’era nascondiglio, solo stupro e botte. Gli uomini rischiavano la vita, noi sapevamo che saremmo state stuprate, non era un rischio” ha raccontato una donna di 27 anni ai team di MSF in Darfur occidentale.

Le aggressioni, fisiche e sessuali, non avvengono solo durante gli attacchi ai villaggi o lungo le vie di fuga: la mancanza di aiuti umanitari spinge molte persone ad esporsi a pericoli concreti pur di sopravvivere, come percorrere lunghi ed estenuanti tragitti a piedi o accettare lavori rischiosi. Anche chi decide di non esporsi a questi rischi, non è comunque al sicuro: resta isolato, senza fonti di reddito, senza cibo, acqua e cure mediche. Non ci sono decisioni o luoghi sicuri, la violenza può colpire chiunque in qualsiasi momento e contesto, persino all’interno della propria abitazione. Tra gennaio 2024 e marzo 2025, MSF ha assistito 659 persone sopravvissute a violenze sessuali nel Darfur meridionale. Di queste l'86% ha riferito di essere stata stuprata, il 94% delle vittime erano donne e ragazze, il 56% ha indicato come aggressori membri delle forze armate, di polizia o di gruppi armati non statali, il 55% ha subito anche lesione fisiche, oltre alla violenza sessuale, il 34% è stata aggredita mentre lavorava o si spostava nei campi, il 31% aveva meno di 18 anni, il 29% con un’età era tra i 10 e i 19 anni, il 7% aveva meno di 10 anni; il 2,6% meno di 5 anni. Questi dati, per quanto allarmanti, rappresentano con ogni probabilità una stima al ribasso dell’effettiva entità delle violenze sessuali in Sud Darfur, sottolinea MSF. Una situazione simile si registra anche nel Ciad orientale, dove MSF assiste oltre 800.000 rifugiati sudanesi. Ad Adré, quasi la metà dei 44 sopravvissuti a violenza assistiti da MSF dall’inizio del 2025 erano minori. Nella provincia di Wadi Fira, tra gennaio e marzo 2025, sono state assistite 94 sopravvissute, di cui 81 sotto i 18 anni. A Murnei, nel Darfur occidentale, un uomo ha raccontato ai team di MSF di essere stato testimone di una violenza agghiacciante. “Tre mesi fa una bambina di 13 anni è stata violentata da 3 uomini. L’hanno presa, stuprata e abbandonata in una vallata. Poi hanno chiamato alcuni di noi per portarla in ospedale. Io ero tra le persone chiamate a soccorrerla. Era solo una bambina”.

Molte delle donne assistite da MSF in Darfur hanno subito violenze da parte di più aggressori. A Metché, nel Ciad orientale, 11 delle 24 donne assistite tra gennaio e marzo 2025 hanno subito stupri di gruppo.

Una ragazza di 17 anni racconta: “A Kulbus abbiamo visto 3 donne sorvegliate da uomini delle Forze di Supporto Rapido che ci hanno costretto a sederci vicino a loro. Dopo averci chiesto se fossimo mogli di soldati sudanesi, ci hanno picchiate e violentate in mezzo alla strada, davanti a tutti. Erano in 9. Sono stata violentata da 7 di loro. Dopo lo stupro, volevo solo dimenticare tutto”.

In alcuni casi, la violenza è stata giustificata dagli aggressori con l’accusa alle donne di sostenere la fazione nemica. Una donna ha raccontato: “Avevo nello zaino un attestato da infermiera. Quando le RSF l’hanno trovato, mi hanno detto: vuoi curare i soldati sudanesi, il nemico? Hanno bruciato il certificato e poi mi hanno violentata. Alle altre donne, compresa mia sorella, hanno ordinato di restare a terra. Hanno stuprato solo me, per via di quel documento”. Per MSF è fondamentale che le sopravvissute a violenza sessuale accedano a cure tempestive: la violenza sessuale è un’emergenza medica, con conseguenze fisiche e psicologiche potenzialmente letali. Ma molte donne non riescono ad accedere all’assistenza per mancanza di servizi, per costi di trasporto troppo elevati, poca informazione o per timore di stigma e ritorsioni. “Non posso dire nulla nella mia comunità, sarebbe una vergogna troppo grande per la mia famiglia. Non ne ho parlato con nessuno. Mi sono decisa da poco a richiedere aiuto medico. Prima avevo troppa paura di andare in ospedale. In famiglia mi hanno detto di non dire niente a nessuno” ha confidato una donna di 27 anni ai team di MSF nel Ciad orientale. Anche dove sono presenti e disponibili i servizi di supporto, le persone sopravvissute a violenza hanno bisogno di indicazioni chiare e accessibili per ricevere l’assistenza necessaria. Nel 2024 nel Darfur meridionale – al momento la regione del Sudan col più alto numero di persone sfollate – MSF ha avviato un progetto insieme alla comunità locale, che prevede la formazione di ostetriche e operatori sanitari del luogo per offrire contraccettivi d’emergenza e primo soccorso psicologico alle vittime di violenza, e facilitare loro l’accesso alle cliniche e agli ospedali supportati da MSF. Da allora, le richieste di assistenza sono fortemente aumentate, soprattutto da parte di donne e adolescenti. A Tawila, nel Darfur settentrionale, dove proseguono gli arrivi di persone sfollate dopo gli attacchi al campo di Zamzam e a El Fasher, l’ospedale ha accolto 48 nuove sopravvissute a violenza sessuale tra gennaio e inizio maggio, di cui la maggior parte aggredita dopo l’inizio dei combattimenti di aprile. “In Sudan i servizi di supporto alle vittime sono insufficienti e, così come l’intera risposta sanitaria e umanitaria nel paese, devono essere urgentemente potenziati. Chi subisce violenza sessuale – in prevalenza donne e ragazze – ha bisogno di ricevere cure mediche, supporto psicologico e protezione. L’assistenza deve essere pensata fin da subito, per superare le molteplici barriere che impediscono alle sopravvissute di chiedere aiuto” conclude Ruth Kauffman, responsabile medica per le emergenze di MSF. "Gli attacchi e le violenze brutali devono cessare immediatamente. MSF chiede alle parti in conflitto di rispettare il diritto internazionale umanitario e proteggere i civili. I servizi medici e umanitari a supporto delle vittime devono essere potenziati, in Darfur e nel Ciad orientale" conclude l'organizzazione umanitaria. (28 mag - red)

 

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