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direttore Paolo Pagliaro

Kiev: la geopolitica
non spiega tutto

di Paolo Pagliaro

Per comprendere le ragioni della tragedia ucraina forse occorre sottrarla alla logica della geopolitica, la disciplina che misura le aree di pertinenza degli imperi e fa dello Stato-nazione l’unico atttore della politica e del diritto internazionali. Non è infatti con questa lente, o solo con essa, che si può apprezzare l’antefatto rivoluzionario del Maidan, che tra il 2013 e il 2014 , portò nella grande piazza di Kiev migliaia di uomini e donne, che chiedevano l’adesione all’Europa e che parlavano indifferentemente il russo e l’ucraino; c’erano ebrei, polacchi, tatari, armeni, azeri, georgiani, c’erano liberali, anarchici e sì anche piccoli gruppi di neonazisti, gli stessi che noi tolleriamo in Germania in Austria e un po’ ovunque in Europa, Italia compresa quando per i raduni continentali si danno appuntamento a Roma o a Gallarate. Nonostante loro, il Maidan fu una rivoluzione democratica e filo europea senza la quale la resistenza all’invasione russa non può essere compresa.
Racconta quella rivoluzione, attraverso le voci dei protagonisti, uno straordinario diario tradotto in questi giorni da Castelvecchi e scritto da Marci Shore, professoressa di storia a Yale fino a poche settimane fa, quando ha deciso di lasciare gli Stati Uniti in polemica con le politiche di Trump. Il libro si intitola “La notte ucraina”, è arricchito dai saggi di Olivia Guaraldo e Giacomo Mormino, e attraverso le voci di attivisti, soldati e cittadini ci fa comprendere che ci sono posti nel mondo in cui parole come solidarietà, partecipazione e democrazia hanno ancora un senso.

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