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DL SICUREZZA, MEGLIO LEGALE SOSTIENE PRIMO CASO DI IMPRENDITORI CANAPA ACCUSATI DI SPACCIO

Roma, 18 giu – L’associazione Meglio Legale annuncia il proprio sostegno a Simona Giorgi ed Emiliano Del Ferraro, i primi imprenditori italiani della canapa industriale accusati di spaccio di stupefacenti dopo l’entrata in vigore del Decreto Sicurezza. Ai due giovani – titolari dei negozi “Spumoni srls” ad Acilia e a Colleferro – è stato contestato l’art. 73 del Testo unico sugli stupefacenti, con pene che vanno da 6 a 20 anni di reclusione. È il primo caso in cui viene applicato il nuovo art. 18 del decreto, che vieta la vendita delle infiorescenze di canapa industriale e dei prodotti a base di CBD, sostanza priva di qualsiasi effetto psicotropo. Di fatto, una norma che equipara a droga ciò che droga non è. Così il 30 maggio scorso la Guardia di Finanza ha effettuato un sequestro nei due punti vendita portando via infiorescenze e altri prodotti contenenti CBD, oltre a molti adesivi utilizzati per etichettare la merce. “Siamo imprenditori, criminale è la legge” è il cartello che Giorgi e Del Ferraro espongono in un presidio stamattina sotto Montecitorio insieme a Meglio Legale, all’avvocata Paola Bevere, al parlamentare Riccardo Magi e ad altri operatori del settore. Il decreto di sequestro è stato impugnato dalla difesa, rappresentata dall’avvocata Paola Bevere, attraverso una istanza di riesame che solleva la questione di legittimità costituzionale dell’art. 18 ed evidenzia l’insussistenza del reato ipotizzato, poiché appunto la sostanza sequestrata è priva di qualsivoglia elemento drogante e offensivo. “Gli imprenditori della canapa non sono narcotrafficanti – dichiara Antonella Soldo, presidente di Meglio Legale –. Uno Stato che, per ideologia, chiude oltre 3.000 attività e lascia per strada 22.000 lavoratori è uno Stato criminale. Questa gente ha pagato l’IVA e le tasse: oggi viene trattata come se fosse delinquente. È inaccettabile”. L’associazione evidenzia che la nuova normativa italiana viola il diritto europeo, in particolare gli articoli 34–36 del TFUE e la sentenza della Corte di Giustizia UE (Kanavape, C-663/18), che esclude il CBD dalla disciplina delle sostanze stupefacenti e impone che eventuali restrizioni siano giustificate da dati scientifici concreti.“Ricordiamo – conclude Soldo – che, in attesa del giudizio della Corte Costituzionale, ogni autorità pubblica ha il dovere di disapplicare immediatamente le norme in contrasto con il diritto europeo. Il Tribunale di Roma può e deve farlo. Questa non è una battaglia sulla droga: è una battaglia per la giustizia, per la libertà economica e per il rispetto della legalità costituzionale ed europea”. 

(PO / Sis)

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