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PIERSANTI MATTARELLA,
OMBRE DI DEPISTAGGIO

PIERSANTI MATTARELLA, <BR> OMBRE DI DEPISTAGGIO

E' il giorno dell’Epifania del 1980 quando, in via della Libertà a Palermo, una grandine di pallottole si abbatte su Piersanti Mattarella, mentre si sta recando a messa con moglie e figli. Sembra ora aprirsi una pagina nuova per fare luce sulla morte dell'allora presidente della Regione Siciliana, fratello del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che sul luogo del delitto raccoglie gli ultimi respiri di Piersanti. A Filippo Piritore, ex funzionario della Squadra mobile di Palermo ed ex prefetto, è stata infatti notificata dalla Direzione investigativa antimafia la misura degli arresti domiciliari: l'accusa è di depistaggio delle indagini. "L’indagato in particolare — sentito, nel settembre del 2024, dai magistrati della Procura quale persona informata sui fatti, in ordine alla ricostruzione delle vicende concernenti un guanto di pelle marrone di mano destra, ritrovato lo stesso giorno dell’omicidio a bordo della Fiat 127 utilizzata dagli assassini ma mai repertato né sequestrato da parte della Squadra Mobile — ha reso dichiarazioni rivelatesi del tutto prive di riscontro, con le quali ha contribuito a sviare le indagini in corso funzionali (anche) al rinvenimento del detto guanto (mai più ritrovato)" si legge in una nota della Dia. Il delitto di Piersanti Mattarella, definito un "democristiano diverso", appare subito anomalo: inizialmente considerato un attentato terroristico (ad appena due anni di distanza dal caso Moro, a cui Mattarella è molto vicino) viste le rivendicazioni da parte di un sedicente gruppo neo-fascista, le indagini giudiziarie, tra cui l'ultimo atto investigativo di Giovanni Falcone nella qualità di procuratore aggiunto, lo catalogano tra gli omicidi di mafia. Falcone è convinto della colpevolezza dei terroristi di estrema destra Giuseppe Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini, membri dei Nar, quali esecutori materiali del delitto, in un contesto di cooperazione tra movimenti eversivi e Cosa Nostra. Entrambi però vengono assolti. Dopo la morte di Falcone, l'uccisione di Mattarella viene però indicata anche dai collaboratori di giustizia Tommaso Buscetta e Gaspare Mutolo esclusivamente come delitto di mafia. Nella sentenza della Corte di Assise del 12 aprile 1995, si legge che "l'istruttoria e il dibattimento hanno dimostrato che l'azione di Piersanti Mattarella voleva bloccare proprio quel perverso circuito (tra mafia e pubblica amministrazione) incidendo così pesantemente proprio su questi illeciti interessi". Quell'anno vengono condannati all'ergastolo, quali mandanti dell'omicidio Mattarella, i boss della "cupola" Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Provenzano, Bernardo Brusca, Giuseppe Calò, Francesco Madonia e Nené Geraci, condanne successivamente confermate in Cassazione, mentre gli esecutori materiali non sono mai stati individuati con certezza. L'impressione è che “le carte processuali siano riuscite a fotografare solo la parte superficiale della storia”, come sostiene Pietro Grasso. (Roc)

(© 9Colonne - citare la fonte)
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