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direttore Paolo Pagliaro

IL FALSO FEDERALISMO
DEL 75 PER CENTO

IL FALSO FEDERALISMO <br> DEL 75 PER CENTO

di Paolo Pagliaro

La speciale disciplina dell’assaggio bendato, praticata nelle gare di degustazione enologica, può essere applicata con successo anche ai programmi elettorali. Di che annata sarà, ad esempio, la promessa di trattenere al Nord il 75% delle tasse versate? Sarà del 2000, del 2008 o del 2013?
In questo caso il test è di facile soluzione, perché qualsiasi risposta darete sarà esatta.
Il primo ad avanzare l’idea di una simile ripartizione delle imposte fu, nel 2000, il presidente della Lombardia Roberto Formigoni. La formula proposta era quella del 70-15-15: il 70 per cento delle tasse sarebbe dovuto andare alla Regione, il 15 per cento allo Stato e il restante 15 a un fondo di solidarietà per le Regioni meno ricche.
Non se ne fece nulla, ma la proposta fu ripresa dal Consiglio regionale della Lombardia e riapparve, leggermente modificata, tra gli impegni vincolanti nel programma del centrodestra in vista delle elezioni del 2008.
Lì si annunciava che, in caso di vittoria, il Parlamento avrebbe fatto propria la legge votata dalla Lombardia, che prevedeva tra l’altro una compartecipazione IVA regionale pari all’80% del riscosso sul proprio territorio.
Di nuovo non se ne fece nulla perché alla proposta lombarda il governo preferì la legge sul federalismo scritta da Tremonti e Calderoli.
Gli anni passano e l’idea di trattenere il 75% del gettito fiscale è tornata d’attualità dopo il successo di Roberto Maroni nelle regionali lombarde.
Peccato che, come ha fatto notare il deputato democratico Marco Causi, le tasse non siano dei territori, ma dei cittadini e delle imprese che le pagano in base al principio di capacità contributiva per ottenere in cambio beni e servizi pubblici. Un contribuente milanese che dichiara 35.000 euro all’anno paga, a parità di altre condizioni (detrazioni, ecc.) esattamente la stessa Irpef di un contribuente napoletano che guadagna la stessa cifra. Il napoletano anzi, come la maggior parte dei cittadini del sud, paga ormai più del milanese, e della maggior parte dei cittadini del nord, la componente locale dell’Irpef, perché le addizionali regionali e comunali sono più alte nel sud rispetto al nord. Il nord versa più tasse, quindi, perché ha più contribuenti (più cittadini che lavorano) e con redditi mediamente più alti: per effetto cioè della più ampia base produttiva e della progressività del sistema fiscale. Anche la spesa pubblica è più alta nel nord: un dato, questo, che si tende a dimenticare. Molti economisti, ultimi Gianfranco Cerea e Massimo Bordignon, fanno poi presente che trattenendo per sé i tre quarti del gettito, la macroregione del nord dovrebbe farsi carico anche di tutte le competenze dello Stato: scuola, università, ma anche polizia, carceri, magistratura, vigili del fuoco, Agenzia delle entrate, prefetture. Per non parlare degli interessi sul debito pubblico e delle pensioni per la parte non coperta dei contributi. Fatti i conti, forse la macroregione del Nord potrebbero chiudere il bilancio in pareggio, ma le altre probabilmente fallirebbero, insieme allo Stato unitario. (17 apr)

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