Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

L’ORANGO DI CALDEROLI
FIGLIO DELL’IGNORANZA

L’ORANGO DI CALDEROLI <br> FIGLIO DELL’IGNORANZA

di Umberto Veronesi

Non credo che Roberto Calderoli abbia letto un libro del 1857, in cui l’americano George Robert Gliddon sosteneva la teoria che i neri fossero biologicamente intermedi tra i bianchi e lo scimpanzé. No. Gli è venuto spontaneo. Quando ha dichiarato che il ministro dell’integrazione Cécile Kyenge lo fa pensare ad un orango, ha dimostrato una notevole impreparazione sull’argomento, diciamo pure ignoranza. Se non fosse così, forse gli sarebbe giunta notizia che le razze non esistono, che tutti i popoli della terra derivano da un gruppo ancestrale comune, e che non esistono razze “pure”, cioè geneticamente omogenee. Lo credevano i nazisti, ma anche loro non avevano studiato abbastanza, o per meglio dire si erano fidati di studi che non avevano niente di scientifico.
Che cosa dice invece la scienza, alla luce della mappatura del genoma umano e delle ultime ricerche genetiche? Nel 1995 l’Associazione americana per il progresso delle scienze riunì tutte le osservazioni scientifiche sulla genetica dell’uomo in un “manifesto dell’uguaglianza”, e lo trasmise alle Nazioni Unite, con l’invito ad aggiornare tutti documenti in cui si usa la parola “razza”: cancellandola.
Il grande genetista Luigi Luca Cavalli Sforza, professore emerito all’università di Stanford, ha fornito prove indubitabili del fallimento scientifico del concetto di razza nell’uomo. Con i suoi studi, che si sono incentrati soprattutto sulla genetica delle popolazioni e delle migrazioni dell’uomo, ha cartografato la distribuzione di centinaia di geni, e ha confrontato le mappe filogenetiche delle popolazioni. La conclusione è stata che i geni e i popoli, nel corso di 100mila anni, si sono irradiati parallelamente attraverso una serie di migrazioni che hanno avuto origine in Africa.
Faccia attenzione, Calderoli: tutti gli stereotipi diffusi su cui si basa la classificazione razziale (colore della pelle, colore e aspetto dei capelli, tratti della faccia) riflettono differenze costituitesi in tempi recenti, e dovute a fattori climatici e forse sessuali. Tutto qui. Queste differenze non trovano riscontro nei caratteri genetici. Anzi - è questa in strettissima sintesi la conclusione degli studi di Cavalli Sforza - vi è una grande eterogeneità genetica tra individui, quale che sia la popolazione di origine. Spiegò una volta il genetista: “Vi può essere più distanza genetica tra due abitanti di un paesino italiano che tra uno di essi e un abitante di un lontano villaggio africano”.

(© 9Colonne - citare la fonte)