Eugenio Montale, che da giovane sognava di fare il cantante lirico, ce l’ha. Dario Fo, che non se lo sarebbe mai sognato, pure. Ed ora, dal riserbo tombale dell’Accademia di Svezia, è trapelato via “Corriere della Sera”, che l’autore di “Luci a San Siro” sarebbe in odore d’avercelo anche lui, il Premio Nobel per la Letteratura. La cosa suona surreale, non per demerito dell’interessato, che ne ha scritte di bellissime, che insegna a livello universitario il mestiere del comporre testi, che ha scritto diversi libri, eccetera eccetera, ma per il semplice fatto che le candidature del Nobel sono segrete e tali devono rimanere per decenni. Non funziona che qualche comitato si prende la briga di comunicare ufficialmente al prescelto di essere in rosa. La comunicazione arriva solo al vincitore. Certo ogni anno scodinzolano per i corridoi più o meno inascoltati “rumors”. Perché allora nel 2013 hanno avuto maggiore eco? Il fatto si tinge dunque di giallo. Tutti a scrivere: è una bufala, non è una bufala. Molti si scoprono esegeti dei regolamenti d’assegnazione del prestigiosissimo premio. Fino a che dirada la nebbia del dubbio lo stesso che la nebbia aveva prodotto: Enrico Tiozzo, l’autore dell’articolo che ha dato l’abbrivio alla polemica. Conferma che “chiunque può inventarsi una candidatura al Nobel perché vige una segretezza di 50 anni sulle candidature e l’Accademia quindi non conferma né smentisce le domande sulle candidature”. Ma aggiunge: “È però anche vero che ci sono delle persone che hanno facoltà di candidare e alle quali l’Accademia di Svezia si rivolge chiedendo loro di candidare”. E quindi: “Il sottoscritto è appunto professore ordinario di letteratura italiana all’Università di Göteborg in Svezia ed ha quindi la facoltà di candidare, cosa che ha fatto per il 2013 ricevendo il grazie dell’Accademia e l’accettazione della candidatura”. Ne discende che: “Vecchioni è candidato ufficialmente al Nobel per la letteratura 2013”. In prima lettura ciò risolve il groviglio. In seconda no: se anche il suggerimento, come la candidatura, deve essere segreto, e da Stoccolma non arrivano né smentite né conferme, e se è vero che quindi ognuno può inventarsi una candidatura, ognuno può pure darsi l’onore d’essere quello che ha facoltà di candidare, tanto l’Accademia è lontana e non lo sa. La vicenda ripropone l’annosa mai risolta dialettica tra letteratura e vita (laddove la canizza sul premio enfatizza il polo letterario a sfavore di quello della vita). Carlo Bo provava a dire che letteratura è come vita, quando sia Italo Svevo che Luigi Pirandello (Nobel!) avevano detto “o scrivo o vivo”. Nella testa di Roberto Vecchioni, dopo la naturale sensazione d’appagamento che la notizia deve avergli dato, possono essere tornati i suoi stessi versi a risolvere la questione: “Ahi Velasquez certe sere quanta voglia/fermare la vela e ritornare da mia moglie/e tu mi dici: ‘Fatti scrivere’, è normale/ per te bisogna sempre scrivere e lottare”. Preferire il ritorno dalla moglie è come preferire al premio Nobel per la Letteratura, quello per la Vita. Che in ogni caso, Vecchioni ha già vinto. Perché “il giorno del Nobel farò l’antidivo” (“I poeti”). (Valerio de Filippis)
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