“LA GELOSIA” DI GIULIA SISSA
L’amore ci dà piacere. L’amore ci fa soffrire. Ciò che ci fa oscillare dall’esaltazione allo sconforto, dalla fiducia all’angoscia, dalla serenità alla disperazione è spesso la gelosia. Questi i temi affrontati nel saggio “La gelosia. Una passione inconfessabile” di Giulia Sissa (Laterza, traduzione di C. De Nonno). Con la gelosia tutti i legami che tessono la trama delle nostre abitudini si disfanno. Tutti i gesti che formano la reciprocità quotidiana, improvvisamente restano sospesi. Che si tratti di vita comune o di amori effimeri, ci si ritrova sconvolti, spiazzati o, comunque, delusi. Le bugie incrinano la fiducia, e più si è sorpresi dell’infedeltà reale o temuta, più si soffre. Nulla è più come prima. E oltre il nulla: la vergogna. Oggi che il desiderio circola liberamente e il godimento è disinvolto, la gelosia è diventata una passione inconfessabile: bisognerebbe curarla, estirparla, ripudiarla e, soprattutto, non ammetterla mai. Giulia Sissa racconta cosa ci ha portato, nell’esperienza dell’amore, all’imbarazzo di esprimere un sentimento che, in primo luogo, è sofferenza. Nella Grecia antica, come nella Roma di Ovidio, nell’Europa di Stendhal, a Parigi e in tutto il mondo occidentale, è sempre Eros a condurre il gioco: restituita alla sua storia, la gelosia rivela la natura intensa e inquieta dell’amore, che è “desiderio di desiderio”. Giulia Sissa, storica della cultura e delle idee, insegna all’Università della California, Los Angeles (Ucla) ed è ricercatrice al Cnrs a Parigi. I suoi studi toccano il pensiero politico, la filosofia e la mitologia, la storia della sessualità, della differenza dei sessi e della parentela nel mondo antico. È una dei protagonisti del rinnovamento degli studi di antichistica in Francia, di quella scuola i cui maestri sono stati Jean-Pierre Vernant, Pierre Vidal-Naquet, Marcel Detienne e Nicole Loraux, e si è occupata in particolare di sessualità. Nel 1999 ha pubblicato con Feltrinelli il libro Il piacere e il male, sul rapporto tra filosofia e uso delle droghe, che è stato al centro di una viva polemica.
RENATA PUCCI DI BENISICHI, “PER UN BUON USO DELLA VECCHIAIA”
Un elogio, di sapore stoico, a quella parte della vita che alcuni, non l’autrice, chiamano vecchiaia. Una filosofia minima che colpisce per il tono sincero, a tratti spietato, e per il sottile humor. Un piccolo e delicato mondo antico da condividere con il lettore. Tutto è questo è “Per un buon uso della vecchiaia” di Renata Pucci di Benisichi, edito da Sellerio. Narratrice, giornalista, professoressa, traduttrice, Renata Pucci di Benisichi ha fermato, in libretti dotati di silenzioso e vasto successo, racconti di occasioni vissute, cose viste, luoghi e stravaganze appartenenti al suo piccolo e immenso mondo di nobildonna siciliana, oppure osservazioni sorridenti e acute di intelligenza su oggetti e situazioni in ombra delle giornate di tutti. Questo elogio a quella parte della vita che alcuni, non lei, chiamano vecchiaia (lei la chiama torta colorata: “tutto va accettato, preso, spremuto, goduto”) è, si direbbe, un invito ricco di spirito a coloro i quali sono in procinto di entrarci. Una giornata azzurra, tutti gli oggetti utili intorno alla poltrona, poter andare dappertutto sola, dire una parolaccia scioccante più che quando si è giovani. Tutti piaceri che solo alcuni si possono concedere: “il vantaggio è che noi siamo anziani, e siamo stati giovani, e voi, no”. (PO / Red)
LAVORO, ECCO “ALLENARSI PER IL FUTURO”
Esiste il lavoro del futuro? Come prepararsi al meglio per affrontare i mutamenti che stanno trasformando il mondo dell’occupazione e i modelli produttivi attuali? Le conoscenze e le competenze che si maturano nella scuola attuale sono realmente in grado di preparare le nuove generazioni a soddisfare le richieste stringenti del mercato occupazionale? A queste e a tante altre domande vuole dare risposte il volume dal titolo “Allenarsi per il futuro. Idee e strumenti per il lavoro che verrà”. Edito da Rubbettino e scritto a quattro mani da Stefano Maria Cianciotta e Pietro Paganini, il libro, presentato giovedì 10 dicembre a Roma presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati, va ben oltre il tradizionale dibattito attorno alla riforma della scuola 2.0 e, partendo da un'attenta indagine sulle radicali e rapide trasformazioni in atto nel mondo lavoro, ipotizza le competenze che dovranno acquisire i giovani e mette sul tavolo i cambiamenti che dovranno essere applicati concretamente sui modelli educativi e didattici. Da qui ai prossimi anni, le nuove generazioni arriveranno a cambiare, in media, dai cinque ai sette lavori, svolgendo professioni completamente diverse e forse addirittura inesistenti. In questo contesto la sfida sarà riuscire a immaginare la traiettoria di sviluppo dei settori più in espansione e più bisognosi di cervelli. Di pari passo l'istituzione scolastica dovrà dunque dimostrarsi pronta nel formare nuovi talenti da un punto di vista tecnico ed intellettuale, sollecitando creatività e visione per affrontare le professioni del futuro. Senza la presunzione di offrire soluzioni, ma con l’obiettivo di indicare prospettive concrete e raccontare case histories di aziende che hanno investito e continuano a scommettere sul futuro, i temi affrontati nel libro hanno come comune denominatore la necessità di costruire percorsi virtuosi perché il nostro Paese si riappropri, valorizzandolo, del suo patrimonio più importante: la passione e la creatività dei giovani.
CARLO MAGNO, IL BARBARO SANTO
Il padre dell’Europa? Un barbaro scaltro e brutale? Un santo, paladino della Chiesa? Un imperatore dissoluto e malvagio? Queste le domande da cui parte il saggio di Stefan Weinfurter “Carlo Magno. Il barbaro santo”, pubblicato dalla casa editrice “Il Mulino. Carlo Magno è una delle figure che più hanno segnato la storia europea. Grazie a lui una vasta parte dell’Europa, frammentata dopo il crollo di Roma, si trovò nuovamente riunita in un unico impero. Carlo sottomise e cristianizzò i sassoni, sconfisse i longobardi, assemblò le diverse tribù germaniche. Fu un combattente per la fede in difesa del cristianesimo e della Chiesa, e il papa lo ripagò incoronandolo imperatore. Assetato di sapere, fu un accanito sostenitore della cultura: nella sua Aquisgrana, dove amava dedicarsi ai piaceri termali, raccolse attorno a sé e alla sua corte i più importanti poeti e pensatori del tempo. Alle molte e anche contraddittorie facce di Carlo Magno è dedicato questo avvincente racconto biografico. Stefan Weinfurter insegna Storia medievale nell’Università di Heidelberg. Con il Mulino ha pubblicato anche “Canossa. Il disincanto del mondo” (2014).
“AL DI LA’ DEL NERO” DI HILARY MANTEL
Dopo l’acclamata saga dei Tudor (Wolf Hall e Anna Bolena, una questione di famiglia, in attesa dell’ultimo libro, che sta scrivendo) e la trilogia “La storia segreta della Rivoluzione”, Fazi Editore propone “Al di là del nero” di Hilary Mantel (traduzione di Giuseppina Oneto), il suo miglior libro secondo “The Guardian”. La corpulenta Alison si guadagna da vivere come medium, contattando i morti durante affollate sedute nelle cittadine del Sudest. Le sue performance sono architettate ad hoc per soddisfare i clienti: Alison unisce le sue doti di deduzione psicologica alla credulità del suo pubblico. Eppure non è una ciarlatana: crede sul serio nel contatto con il mondo degli spiriti, il luogo “al di là del nero”. Lei stessa è perseguitata dai fantasmi del suo passato, che s’impadroniscono della sua casa, del suo corpo e della sua anima, e più cerca di liberarsene, più loro acquistano forza e cattiveria.
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