Far fronte alla crisi economica, certo. Ma anche essere “un antidoto contro l’egoismo e l’individualismo. Un luogo in cui si impara a superare le barriere culturali, a mettersi di fronte all’altro e a chiedere aiuto. Uno spazio in cui produrre cultura ed apertura verso il diverso attraverso l’autopromozione. Un modo per non sentirsi più soli e rispondere al bisogno di sentirsi parte di una comunità e di una comunità che ti ascolta”. Marialuisa Petrucci (nella foto), presidente onoraria dell’Associazione delle Banche del Tempo e storica “pasionaria” del coordinamento delle banche del tempo romane, ci introduce così in un momento importante per il futuro di questo mondo in Italia. Le banche del tempo italiane - libere associazioni tra cittadini che si auto-organizzano e si scambiano tempo per aiutarsi soprattutto nelle piccole necessità quotidiane, luoghi di libero scambio di attività, servizi e saperi (da una riparazione del rubinetto a portare il cane del vicino a spasso, dalle lezione di inglese ad una consulenza legale) - celebrano il decennale della nascita della loro associazione nazionale. E lo fanno in Campidoglio che vide protagonista una storica figura del femminismo italiano, Mariella Gramaglia, che nella giunta Rutelli e poi Veltroni sostenne le banche del tempo romane (da “levatrice” come diceva lei stessa), permettendo loro di farsi testa di ponte, nel 2017, per la nascita della loro associazione nazionale.
L’Associazione Nazionale Banche del Tempo nacque, all’epoca, forte tuttavia di una esperienza ultraventennale: dalla prima banca del tempo nata nel 1995 a Sant’Arcangelo di Romagna, alla contemporanea nascita dell’osservatorio Tempomat della Cgil voluto da Adele Grisendi (poi chiuso nel 2003) ad un primo riconoscimento legislativo (non esiste ancora una legge nazionale) nell’articolo 27 della legge 53 dell’8 marzo 2000 di sostegno alla genitorialità voluta dell’allora ministra della Solidarietà Sociale Livia Turco (che raccolse l’istanza di una legge di iniziativa popolare del 1988, con ben 300mila firme, prima quella di Nilde Iotti) fino alla galassia attuale di 115 “banche” in tutto il Paese, viva ed attiva malgrado le innumerevoli difficoltà legate sia alle mancanza di risorse (sono poche le amministrazioni locali che sostengono attivamente queste libere associazioni - che pur non essendo lucrative e basandosi sul libero scambio del tempo dei loro iscritti - hanno tuttavia dei costi gestionali da affrontare), che al faticoso coinvolgimento di una società sempre più individualista in un concreto e continuo percorso di cittadinanza attiva. Questa mattina, nella Sala Giulio Cesare, si terrà un convegno che sarà preceduto, ieri, nella sede della banca del tempo del quartiere dell’Eur (con i suoi mille iscritti tra le più importanti nella Capitale, dove le “banche” sono 18, di cui la 19ma in fieri nelle case popolari del quartiere di Monteverde Nuovo) da tre gruppi di lavoro (su “terzo settore e progettualità” con Enzo Costa e Renzo Razzano, presidente Spes Lazio, “beni relazionali, valore economico” con il saggista Paolo Cacciari e “Il cambiamento nel cambiamento” con Michele Mezza, docente di Sociologia della Cultura digitale all’Università di Napoli Federico II), chiamati a dare slancio ad una nuova stagione per le banche italiane. Un brainstorming che, oggi in Campidiglio, porterà alla stesura di una piattaforma programmatica. “Non vuole essere un convegno celebrativo o auto-celebrativo” precisa a 9colonne Marialuisa Petrucci con il suo stile garbato quanto deciso, da signora del costruire più che del dire, com’è nello stile delle donne che in Italia danno forza e volto, da sempre, a questa esperienza che nel nostro Paese - ci ricorda Petrucci -, nascono sì sulla scia delle esperienze di fine anni Ottanta del nord Europa ed in Canada ma “non per fare fronte a una crisi sociale ed economica, come accaduto ad esempio nell’Inghilterra della Tatcher e come ora viviamo anche noi, ma sulla spinta della solidarietà, della reciprocità e dell’aiutarsi l’uno con l’altro sulla base dei valori del rapporto del buon vicinato”. Ovviamente le donne sono le artefici di questa costruzione che, sulla scia della esperienza femminista e della costruzione di una identità femminile, va prendendo consapevolezza di un “tempo delle donne” che, come ricorda Livia Turco, che domani sarà presente in Campidoglio, significa anche “una nuova concezione del lavoro, la necessità di tenere insieme il lavoro produttivo e quello riproduttivo e di riconciliare i vari tempi della vita”. “Non a caso – ricorda Petrucci – le prime banche del tempo nascono nel 1995 in Emilia Romagna, la prima a Sant’Arcangelo di Romagna, fucina delle prime esperienze delle cooperative bianche e rosse”. A Roma, con la giunta Rutelli, il debutto avvenne nel 1996 con un bando sulla conciliazione dei tempi (all’epoca esisteva un dipartimento dei tempi orari della città), con una prima esperienza a partire dal centro anziani di villa Lazzaroni. Marialuisa Petrucci - una vita di impegno nel mondo della scuola e nel sociale, moglie di Luigi Agostini, già segretario confederale della Cgil – si ritrova coinvolta dall’esterno “ma poi mi dico: perché non lo faccio anche io nel mio territorio, l’Eur? Ero andata in pensione da poco e conoscevo le risorse e i bisogni del mio territorio” “e poi a quei tempi era così difficile trovare una sarta” sorride raccontando i tanti “piccoli grandi momenti di amicizia, scambio e condivisione” vissuti in ben 20 anni (la sede dell’Eur, in via Comisso, apre l’8 marzo 1998). “Il più simbolico?”. Ci pensa un attimo e comincia a parlare di come una banca del tempo riesca a colmare le solitudini, degli anziani certo, ma anche dei giovani. “Nelle banche del tempo nascono amicizie, anche profonde”, racconta. E ricorda “quella volta che venne da noi una ragazza, siciliana. Il marito si era appena trasferito a Roma e lei soffriva della lontananza della famiglia. Si iscrisse e, come archeologa, scambiava il suo tempo offrendo visite per Roma. Poi rimase incinta e partorì un bambino prematuro. Noi tutte facemmo i turni per aiutarla a recarsi in ospedale per allattare il bambino che era in incubatrice e poi si formò un gruppo di mutuo-aiuto tra neo-mamme. Le si sentì non solo aiutata ma circondata di affetto e di amore”. Poi ci sono gli uomini. “Gli uomini sono particolari” prosegue. “Per loro la pensione diventa un problema. Le donne continuano ad essere impegnate, con i lavori in casa. Loro sentono che perdono un ruolo sociale. Quindi in una banca del tempo, che è un luogo di autopromozione, trovare un ambiente in cui viene riconosciuto una utilità gli ridà carica. Mi ricordo di un vedovo che aveva un cane e si offrì di fare da dogsitter. Era un pretesto per cercare compagnia”. E poi ci sono situazioni di grande dolore: “Ho ancora davanti agli occhi una donna con tre bambini piccoli, tutti attaccati a lei. Uno lo teneva in braccio, gli altri per mano. Mi disse che il marito la picchiava, che mai nessuno le aveva dato una carezza e che si era iscritta in una banca del tempo perché voleva insegnare ai suoi figli cosa è il rispetto degli altri”. E’ grazie a questo impegno sul campo che Petrucci (che guida il Coordinamento romano dalla sua nascita, nel 2003) riesce a traghettare questo mondo, tanto delicato quanto forte, in una nuova stagione. Se non fosse stato per lei e per un’altra decina di donne – a partire da Nina Di Nuzzo, presidente della banca del tempo di Alì Terme, in Sicilia, domani presente in Campidiglio insieme a Grazia Pratella, presidente dell’Associazione Nazionale - questa esperienza si sarebbe probabilmente andata disperdendo a causa della chiusura dell’osservatorio Tempomat della Cgil che lasciò le Bdt orfane di un referente comune. Il nuovo inizio si ebbe nel 2004 in occasione di un convegno al Comune di Firenze con le banche del tempo di tutta Italia. “Era la prima volta che ci si incontrava dopo la chiusura di Tempomat - ricorda Petrucci -. Alla fine della relazione sentivo un’aria come sospesa, volevo comunicare quello stato d’animo che in fondo, seppi dopo, sentivano anche le amiche e gli amici presenti, qualcosa che andasse oltre la comunicazione delle nostre esperienze, avevo voglia di rivederle tutte e tutti, riallacciare il filo rosso che ci accumunava in una delle esperienze più originali e coinvolgenti. Così mi sentii proporre: ‘E sapete cosa vi dico, perché non venite tutti a Roma in una festa in cui ricominciamo a tessere la nostra rete?’. Ancora ho nel cuore l’applauso scrosciante e liberatorio che suonò nella sala”. Nasce così un percorso lungo tre anni in cui l’associazione nazionale comincia a prendere lavorando su un progetto di rete – “una struttura non rigida, non gerarchica, ma come una rete, con nodi regionali e provinciali” continua Petrucci, che giunge così a tessere “un filo conduttore” tra le banche, fornendo la formazione necessaria, dotandosi di un linguaggio comune grazie ad software necessario al conteggio delle ore e alla distribuzione degli “assegni” sullo scambio di ore che regolano i rapporti tra i tempo-correntisti, ad organizzare “momenti di riflessione, coinvolgimento ed ascolto delle esperienze dando alle banche non solo un corpo ma anche una spina dorsale e piedi per camminare”. Una rete che si è estesa anche all’estero, portando l’Associazione a presentarsi a Bruxelles e a lavorare con la Spagna, il Gral portoghese (a Roma ci sarà Rute Castela, presidente della Banca del Tempo di Cambria) e a confrontarsi con le Timebanking britanniche (a Roma ci sarà l’amministratore delegato Sarah Bird). Cardine di questo percorso la relazione con i Comuni “amici della banche” cui l’Associazione offre consulenze e formazione e si presenta come un “soggetto a cui chiedere aiuto” (è diventato anche un recente caso di studio all’Università di Padova), dal momento che le banche del tempo finiscono per custodire un “tesoretto di ore dei loro correntisti che può essere messo a disposizione del bene comune”. Tra le prime ad avere un rapporto privilegiato con queste realtà sono state le amministrazioni di Rimini, le Provincie di Torino e Roma. Esperienze però che finiscono per essere messe in crisi dal cambio del colore politico delle giunte, malgrado le banche del tempo siano associazioni apolitiche “pur essendo strumento di politiche sociali” sottolinea Petrucci. “Ma se le amministrazioni locali non hanno continuità, la abbiamo noi” aggiunge decisa ed ottimista, lasciando al contempo trapelare l’auspicio che, dopo il brusco stop della giunta Alemanno, torni a crescere il dialogo con la giunta capitolina avviata dai tempi di Marino. Lo dimostrano gli interventi in programma domani al convegno in Campidoglio di Flavia Marzano e Laura Baldassarre, rispettivamente assessore a Roma Semplice e alla Persona, Scuola e Comunità solidale. (24 mar- red)