NICCOLO’ FABI: LA MIA MUSICA “ATTESA E INASPETTATA”
Roma, 28 mag – Sono passati dodici anni da quando cantava
“vivo sempre insieme ai miei capelli”. Oggi quei riccioli ribelli o, meglio,
quella “specie di medusa” è ancora là. Forse hanno perso un po’ del “colore del
grano” ma rimangono la parte “che più gli assomiglia”. Niccolò Fabi, classe
1968, “è cambiato pur rimanendo lo stesso” e ritorna domani, con un nuovo album
dal titolo “Solo un uomo”, che ha iniziato a registrare “in completa solitudine
- come racconta - nel marzo dello scorso anno”. Nuovo il cd, ma stessa
atmosfera per i dieci brani di Fabi: pezzi registrati e suonati in una
dimensione intima e casalinga, poesia, eleganza interpretativa, una struttura
musicale che si apre al rock, al pop e al folk fanno di “Solo un uomo” un disco
da assaporare e ascoltare “con la curiosità di un bimbo e l’esperienza di un
adulto” assicura Fabi. “Mi piacerebbe che la gente portasse in vacanza con sé
il mio disco. È bello fare un viaggio e legarlo a una colonna sonora. I ricordi
hanno bisogno di musica e parole”. E Niccolò Fabi di musica e parole se ne
intende. Anzi le ama e ci gioca bene (è pure laureato in filologia). Ecco
perché non nasconde che tra i dieci pezzi dell’album quello a cui è più legato
è “Attesa e inaspettata”, una canzone che parla di una seconda vita e del fatto
che spesso “devi toglierti dal centro, devi fare spazio dentro e poi dividere
l’inutile da ciò che è necessario”. “In questo brano – spiega - c’è il
cantautore e il musicista. Penso che è il pezzo più bello che potessi mai
scrivere. Forse la cosa più bella che ho fatto”. Nel singolo, in rotazione
nelle radio dal 17 aprile, che ha anticipato l’uscita e che dà il titolo
all’album, il cantautore romano canta invece di un uomo con dubbi e certezze
“come in ogni essere umano. Perché ogni essere umano è un universo complesso.
Questo disco – spiega Fabi – a differenza degli altri miei lavori e dei miei
‘standard’, dove c’è stata una elaborazione più lunga, è stato molto vivo e irruento.
È il disco che si avvicina di più al mio gusto da quando faccio e pubblico
musica”. In “Parole che fanno bene” Niccolò canta “parlo per me, per il mio
paese, per quella parte che tace e non dice”: “anche chi pubblica e scrive –
spiega infatti il cantante - dovrebbe pensare a costruire un paese più
‘consapevole’ e attento. Un buon musicista, così come chiunque ha a che fare
con le parole dovrebbe saper scegliere qualcosa di non ‘stereotipato’. Dovrebbe
cercare parole che non siano superficiali o legate a luoghi comuni. La musica
però è anche evasione. Una canzone deve saper far riflettere e deve essere
capace anche di far evadere: c’è bisogno dell’uno e dell’altro”. “Nelle mie
canzoni – aggiunge Niccolò Fabi - parto da un punto di vista personale per
arrivare ad altro. Ho sempre trovato piacere poi, nel condividere le mie
emozioni con altri musicisti”. Anche in “Solo un uomo” infatti, il cantautore
si avvale di numerose collaborazioni: sono pezzi registrati e suonati da
Niccolò in una dimensione casalinga, intima, a cui hanno partecipato diversi
compagni di strada. Dai Mokadelic (sono loro le rifrazioni ipnotiche di Parti
di me) a Enrico Gabrielli (arrangiamenti di fiati e parecchio altro, sparsi per
il cd), da Pino Marino (il testo della splendida Aliante) a Roberto Angelini
(chitarra lap steel in Attesa e inaspettata e La promessa) a Rodrigo D’Erasmo e
Roberto Dell’Era degli Afterhours (in Successo e La mia fortuna). “La
collaborazione è un buon frutto quando è fatta con persone che non cercano
nell’altro la conferma dei propri dubbi. Quando cioè si è aperti ad accettare
l’altro senza invadere i suoi spazi. Quando è confronto. Il disco è diviso in
due parti: una prima in cui ho espresso quello che volevo. Una seconda in cui
ho invece, aperto le porte anche ad altri artisti. È stato meraviglioso perché
mi hanno arricchito: è bello quando ospiti gente a casa ma nessuno sposta i
tuoi mobili”. “Mi piacerebbe – aggiunge Fabi – scrivere un testo a quattro mani
con Samuele Bersani. Trovo che ha scritto i testi più belli degli ultimi dieci
anni, che sia una grande del cantautorato contemporaneo”. Niccolò Fabi è figlio
d’arte: il padre, Claudio, è stato uno dei più importanti produttori
discografici dei Settanta (PFM, Alberto Forti): “nascere in un ambiente dove si
fa musica ti dà la possibilità di comprendere fin da subito quali sono i lati
positivi e negativi di questo mestiere. Comprendi subito che per raggiungere un
sogno occorrono sacrifici. Che devi affronatre anche mille delusioni”. Dando
uno sguardo al passato Niccolò ricorda infine, l’anno in cui con Capelli ha
vinto il Premio della Critica nelle Nuove Proposte al Festival di Sanremo e
anno pure, del disco d’esordio, Il giardiniere: “Mi sento distante,
trasformato. Come se ora vivessi un’altra vita. Il 1997 è stato per me un anno
tanto importante quanto terribile. È stato un anno mediatico in cui sono
diventato qualcosa che non ero. Ero come in un viaggio in un altro pianeta”. “A
volte – continua - ti senti trasportato dagli eventi ed è difficile fare delle
scelte. Tutto però è esperienza, è viaggio, è vita”. (Gil)