“Le sindromi mielodisplastiche sono malattie rare, classificate e riconosciute così, che colpiscono soprattutto pazienti in età avanzata, i quali hanno in genere l’anemia o la carenza di piastrine e globuli bianchi. Nel 30/40% dei casi la malattia tende ad evolvere in leucemia acuta. In Italia abbiamo circa 3000/4000 nuovi casi l’anno, distribuiti su tutto il territorio nazionale. Esistono pure delle forme ‘de novo’, che insorgono in soggetti senza una precedente malattia, come anche esistono delle forme secondarie ad un trattamento per un altro tumore”. L’ha affermato Maria Teresa Voso, Professore associato di Ematologia dell’Università di Tor Vergata e direttore f.f.U.O.C Diagnostica Avanzata Oncoematologia del Policlinico di Tor Vergata, durante la conferenza stampa che si è tenuta a Roma sulle sindromi mielodisplastiche, a cui ha partecipato, tra gli altri, il Presidente nazionale dell’AIL Sergio Amadori. “Le sindromi mielodisplastiche devono essere prese in considerazione anche dai medici di famiglia quando, ad esempio, si trovano davanti ad un paziente anziano con un’anemia. C’è una buona notizia: - ha spiegato Voso - negli ultimi anni sono stati fatti degli studi di genomica molto ampi ed è stato possibile identificare alcune mutazioni, alla base dello sviluppo della sindrome mielodisplastica, che poi possono diventare bersaglio di alcune terapie. Fin poco tempo fa – ha specificato Voso questa sindrome veniva trattata principalmente con la terapia supportiva o con iretropoietina, l’ormone che si utilizza per far maturare i globuli rossi ed anche, per esempio, nell’insufficienza renale. Mentre adesso, grazie al fatto che le malattie sono state meglio caratterizzate dal punto di vista genomico, - ha chiarito Voso - è possibile utilizzare farmaci mirati, i quali colpendo la mutazione alla base della malattia inducono una regressione della sintomatologia. Rispetto agli altri paesi europei non ci sono delle grandi differenze nel numero di casi, c’è probabilmente una maggiore incidenza di sindrome mielodisplastica in Oriente, come in Cina e Giappone, che presentano caratteristiche un po’ diverse, probabilmente legate all’esposizione ambientale, - ha continuato Voso - alcuni agenti ambientali, come per esempio il benzene o le radiazioni ionizzanti, infatti possono avere un ruolo nell’induzione di queste patologie. Ad oggi le possibilità di guarigione sono legate – ha illustrato Voso - al trapianto allogenico di cellule staminali, che può essere eseguito solo in una minoranza di pazienti, in quanto normalmente devono essere giovani e rappresentano meno del 10% dei pazienti con sindrome mielodispastica. Sicuramente però – ha concluso Voso - il prolungamento della sopravvivenza, ottenuto grazie ad alcuni nuovi farmaci, è comunque un grande vantaggio per questi pazienti, che sono anziani. Già poter migliorare e prolungare la qualità della vita in essi rappresenta un valore aggiunto”. (PO / Pep)
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