L’ultima cosa in ordine di tempo è questo librone di oltre cinquecento pagine, che raccoglie i ben settecento appunti di Tina Anselmi scritti durante la sua presidenza della Commissione bicamerale inquirente sulla P2 di Licio Gelli, dal dicembre 1981 al luglio 1984. La prima cosa, invece, il suo anno di nascita: il 1927. I diari segreti di Tina Anselmi, a cura di Anna Vinci, edito da “Chiarelettere”, esce a distanza di tre decenni dal rinvenimento del famoso elenco della loggia massonica più discussa d’Italia, che diede corpo all’idea di quel contropotere occulto con il quale sembra a volte che l’Italia faccia i conti ancora oggi. Era il 17 marzo 1981, i nomi che vi si lessero erano di generali, parlamentari, ministri, segretari di partito, giornalisti, magistrati, imprenditori, alcuni arcinoti ed arcipotenti ancora adesso. Singolare coincidenza del destino peninsulare che il 17 marzo del festeggiamento dei centocinquant’anni dell’Unità d’Italia, sia stato trent’anni fa, il 17 marzo della P2. In questo solco di ricorrenze storiche Tina Anselmi ha avuto un ruolo decisivo, e a pieno titolo merita quindi l’ospitalità in donne d’Italia. Quando prende quegli appunti ha 54 anni. Proviene da una famiglia cattolica veneta. Da giovane fa la staffetta partigiana, poi prende la laurea in Lettere alla Cattolica. È più tardi che approda nella Democrazia cristiana. Nell’anno dei movimenti studenteschi, il 1968, lei è deputata. Otto anni dopo siede sulla poltrona di ministro del Lavoro e della Previdenza sociale. È il 1976. E lei è la prima donna della nostra storia a fare il ministro. “Com’è possibile che Piccoli, Berlinguer e Andreotti non sapessero della P2 prima del 1981?”, scrive il 26 gennaio del 1984 dopo aver incontrato il leader radicale Marco Pannella. Non sono le uniche perplessità che la donna nota e annota, con minuta calligrafia, e conserva per tanti anni, prima di consegnare questo spaccato di storia alla curatrice del libro. Tra quelle carte si legge: “30 ottobre 1981. Ore 17,15. Sono convocata dall’onorevole Iotti, e mi propone di assumere la presidenza della Commissione inquirente. Chiedo quindici minuti di riflessione. Sento per telefono Leopoldo Elia e mi consiglia di accettare. Mi telefona Piccoli. Mi fa gli auguri, m’incita ad andare avanti: con il partito non interferirà: è interessato a che si faccia luce”. E poi la luce s’è fatta. Ma la storia è ciclica e ripetitiva così, seppellita la P2, spunta la P3, che non è una mossa di battaglia navale. E la storia si ripete anche quando si parla di nominarla presidente della Repubblica; da più parti politiche proposta per quello scranno, ci provò anche un settimanale satirico, un gruppo parlamentare, e persino un blog, in cui si leggono:”Le dieci ragioni per candidare Tina Anselmi al Quirinale”. Al numero uno: 1) Perché riconosce il valore della Costituzione della Repubblica italiana.
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