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direttore Paolo Pagliaro

Benedetta Cosmi e il suo 'Orgoglio e Sentimento'

Libri
Ogni settimana uno scaffale diverso, ogni settimana sarà come entrare in una libreria virtuale per sfogliare un volume di cui si è sentito parlare o che incuriosisce. Lo "Speciale libri" illustra le novità delle principali case editrici nazionali e degli autori più amati, senza perdere di vista scrittori emergenti e realtà indipendenti. I generi spaziano dai saggi ai romanzi, dalle inchieste giornalistiche, alla storia e alle biografie.

Benedetta Cosmi e il suo 'Orgoglio e Sentimento'

“Orgoglio e sentimento è un romanzo che vuole dare voce a chi nella società sembra più afono: le donne e le nuove generazioni. Lo fa però anche con la responsabilità di chi, invece, nelle stanze dei bottoni c'è stato e adesso ha voglia di battersi per quei valori che potranno fare migliore il Paese. Sono sicuramente i valori del merito, dell'impegno, dei corpi sociali e della formazione: tematiche delle quali mi sono occupata nei miei precedenti libri.”. Così a 9colonne la giornalista e scrittrice Benedetta Cosmi a proposito del suo settimo libro e primo romanzo “Orgoglio e Sentimento” (Armando Editore, 2020 – 176 pagine) nominato al premio Strega di quest’anno.  Nel libro di Cosmi, coordinatrice del Laboratorio Eurispes sul Capitale Umano, si ritrovano i grandi temi d'attualità dentro le storie di famiglie, amori, compagni di scuola, sacrifici e sogni, in una straordinaria storia di formazione.  Troviamo l’amicizia fresca di una generazione particolare a cui dà voce l’autrice attraverso Adriana, Olimpia e Giannenrico. E l’amore tra Sonia Benedetti Terra e Fabio Almanacco, nato davanti ai cancelli di una fabbrica milanese, salvata dalla chiusura.  Nei capitoli finali, ambientati in un futuro non lontanissimo una donna può ambire a diventare la prima Presidente della Repubblica italiana: “Per la prima volta, creiamo un precedente: la prima Presidente della Repubblica, una donna che arriverà al Quirinale e che sarà anche giovane”. (9 apr - PO / red) 


 

 

VINO: CULTURA, TURISMO E AGRICOLTURA PER RIPARTIRE DA ECCELLENZA

 

 “Turismo del Vino in Italia. Storia, normativa e buone pratiche” (Ed. Edagricole – News Business Media) è il primo manuale dedicato all’enoturismo pubblicato dopo l’approvazione della norma nazionale, scritto a quattro mani dal senatore Dario Stefàno – autore della legge sull’enoturismo - e dalla produttrice Donatella Cinelli Colombini, storica fondatrice del Movimento Turismo del Vino. Il volume è stato presentato nella Sala Nassirya del Senato, alla presenza – oltre degli autori – dei ministri della Cultura, del Turismo e delle Politiche agricole, con i quali si sono scandagliati tutti i differenti aspetti che l’enogastronomia chiama in causa. 

 

FRANCESCHINI. “Il vino è una bella storia italiana che può essere di riferimento nelle sfide future, in pochi anni il vino italiano è cresciuto, si è moltiplicato e puntando sulla qualità ha raggiunto risultati straordinari e soprattutto si è rafforzata la consapevolezza che è una parte dell’identità italiana” ha detto il ministro della Cultura, Dario Franceschini, sottolineando che “vanno costruiti forse la consapevolezza e l’orgoglio a livello nazionale ma nei livelli locali ci sono eccome, il vino e il cibo costituiscono un pezzo dell’identità locale”. “Il vino in Italia – ha concluso il ministro - non è solo un grande attrattore turistico ma un pezzo della cultura e dell’identità locale che dobbiamo difendere, valorizzare e tramandare”.

 

GARAVAGLIA.  “Noi abbiamo bisogno di organizzazione, il turista è un ‘amante infedele’ e noi abbiamo bisogno di fidelizzarlo, ad esempio identificando le tipologie di vino con i territori per far rimanere e far ritornare il turista. Nel campo del vino la nostra enorme varietà è una enorme opportunità, ma dobbiamo dire onestamente che dobbiamo organizzarci meglio” ha affermato invece il ministro del Turismo, Massimo Garavaglia.  “L’enogastronomia italiana – ha aggiunto - è un’eccellenza assoluta, è cultura e agricoltura ma non possiamo darla per scontata. Non abbiamo un piano strategico dell’enogastronomia, come altri Paesi, ma questa è l’occasione”.

 

PATUANELLI. Secondo il ministro per le Politiche agricole, Stefano Patuanelli,  “nel vino c’è il passato, il presente e il futuro del nostro Paese”.  “Il passato – ha spiegato Patuanelli - ci regala l’enogastronomia come turismo e gli agriturismi. Il presente invece consiste nell’affrontare un momento difficilissimo per il settore vitivinicolo: se è vero che la pandemia non ha mai chiuso le attività del settore primario, la crisi ha invece colpito tutti i produttori che non hanno la grande distribuzione come canale di vendita, ma il canale Horeca e che quindi hanno patito e stanno patendo. Il presente significa quindi sostenere i produttori, ad esempio con il fondo filiere (150 mln) in legge di bilancio, a cui si aggiungono altri 150 mln nel decreto sostegni: di quei 300 mln grossa parte dovrà essere destinata al settore del vino, proprio perché rischiamo di perdere eccellenze del nostro territorio, che rappresentano il nostro Paese nel resto del mondo”.  “Il futuro – ha concluso Patuanelli - è ricerca, sviluppo e innovazione: se non c’è la connessione, se non c’è l’indicazione stradale di Google Map che ci porta alle cantine, con la guida autonoma senza rete andiamo a schiantarci contro un muro”.

 

GLI AUTORI. Donatella Cinelli Colombini ha invece messo in luce come “turismo del vino e agroalimentare costituiscano la prima attrattiva per i turisti stranieri, prendiamoli per la gola, usiamo il nostro agroalimentare per farli tornare”. “Dalla vostra alleanza – ha detto la produttrice rivolgendosi ai tre ministri - può nascere la rinascita del turismo italiano, il turismo del vino e l’agroalimentare sono a vostra disposizione”.  Padrone di casa a Palazzo Madama il senatore Stefàno, che ha ripercorso le motivazioni alla base della nascita della “sua” legge:  “L’idea e l’esigenza della legge sono emerse nel corso della mia esperienza di assessore regionale in Puglia, quando abbiamo reso il tratto identitario del vino un attrattore culturale e turistico. Ci siamo resi conto delle problematiche di natura amministrativa e di natura fiscale per portare i turisti in cantina. Non è stato semplice arrivare al risultato, a causa dell’assenza di dati per dimostrare al Mef che la normativa avrebbe portato vantaggi fiscali al Paese e non una mancanza di flusso. Abbiamo strutturato la legge con un impianto nazionale, per non ripetere l’errore fatto sugli agriturismi con discipline regionali che hanno prodotto disomogeneità dell’offerta. Il nostro obiettivo è ora raccogliere i dati con l’osservatorio”. “L’esperienza del libro – conclude uno dei due autori - la vorremmo mettere al servizio del sistema, si fa grande fatica a esprimere orgoglio identitario per il vino e l’olio. Il vino è la nostra identità, unisce l’Italia da nord a sud. Dobbiamo insegnare  la storia del vino negli istituti agrari e alberghieri, vinciamo la sfida se siamo competitivi con le nostre identità”. (BIG ITALY / Roc)

 

 

 

 

DIABOLIC DIABOLICH DIABOLIK. TRE STORIE VERE ISPIRATE DAL “RE DEL TERRORE”

“Diabolic Diabolich Diabolik, Tre storie vere ispirate dal “Re del Terrore” scritto da Andrea Biscàro e Milo Julini (Daniela Piazza Editore) si legge tutto d'un fiato come un romanzo, ma non lo è. Si tratta infatti della ricostruzione storica di tre casi di cronaca nera avvenuti nella seconda metà del secolo scorso, narrati dagli autori con precisione scientifica e penna leggera, arricchiti da stralci di articoli di giornale che ne testimoniano la presa emotiva che ebbero sull'opinione pubblica.BNella fredda Torino del febbraio 1958, un efferato omicidio gela il sangue agli italiani, e ancor più ai torinesi. Il cadavere di Mario Giliberti, un giovane operaio FIAT, viene ritrovato nel suo appartamento di via Fontanesi 20, trafitto da 18 coltellate. Il corpo è sul letto, coperto dal cappotto e con il capo fasciato da un lenzuolo. L'assassino è rimasto a vegliare la sua agonia per accertarsi della morte. Sul pavimento vengono ritrovate alcune fotografie da cui è stato ritagliato il volto di una persona, che l'assassino si è portato via, e dei buoni fruttiferi postali strappati. La camera da letto è stata rovistata, le prove inquinate. E il milione di cui aveva parlato alla fidanzata? Probabilmente rubato, insieme a qualche oggetto di valore. Appeso in cucina un biglietto di sfida alle forze dell'ordine, scritto in stampatello: “Riuscirete a scoprire l'assassino”.

Arrivano poi le missive agli investigatori e al direttore de “La Stampa”. La prima termina così:

“Leggendo con attenzione la lettera troverete con precisione dove è stato compiuto il mio delitto

perfetto”. C'è una firma, “Diabolich”. I media si scatenano mettendo in moto “la psicosi del delitto”. Gli ingredienti narrativi ci sono proprio tutti, compresi il sensitivo visionario (l'olandese Gerard Croiset), il prete grafologo (padre Girolamo Moretti) che delinea la personalità dell'assassino, la doppia vita della vittima, l'ex commilitone di naja a

Merano, il classico bravo ragazzo di buona famiglia, accusato per errore del delitto e rilasciato dopo

quattro mesi di carcere. Il delitto rimase impunito. E gli autori del libro si domandano: “E se Diabolich fosse ancora vivo? Se la ride e segue, con immenso e intimo piacere, l'interesse che scrittori, giornalisti e media ciclicamente rivolgono al suo capolavoro che, non dimentichiamolo, è un omicidio”. La vicenda ispirò nel 1962 il film Totò Diabolicus con il principe De Curtis diretto da Steno, mentre le sorelle milanesi Angela e Luciana Giussani fanno nascere un classico del crimine a fumetti: il personaggio di Diabolik, un ladro che ruba denaro e gioielli con perizia e genialità. Il successo è immediato, e altri Diabolik in carne e ossa occuperanno le cronache piemontesi negli anni Settanta. Un Diabolik torinese il 23 maggio 1973 rapisce e sevizia una giovane impiegata dell'Istituto San Paolo, Wilma Tedeschi, tenuta prigioniera in una cantina di via Saccarelli che i cronisti dell'epoca definiscono “sala delle torture”: anelli alle pareti per legare le vittime ai polsi e alle caviglie, fruste, corpi contundenti, corde chiodate, fiocine, catene. Sparsi dappertutto fumetti di Diabolik e Satanik... La ragazza viene poi portata dal suo aguzzino in una soffitta di piazza Vittorio dalla quale riuscirà a fuggire. Il 1° giugno il rapitore viene così arrestato. Si chiama Enzo Cocciolo, noto negli ambienti criminali torinesi come Terry il pazzo, che aveva già rapito una sedicenne tenendola prigioniera per un mese e mezzo e aggredito diverse altre giovani donne. Dimostra una personalità bipolare, alla dottor Jekyll e Mr. Hyde. Si identifica a tal punto con l'eroe dei fumetti da scrivere al suo avvocato: “Se danno la libertà a Valpreda, perché non

la concedono a me, che ho l'intelligenza di Diabolik?”. Il libro si chiude con la storia di Francesco Rapisarda, il Diabolik di Biella, rapinatore di banche autore di

otto rapine. Arriva sempre su una Mini Minor, rubata e guidata da un complice, indossa una calzamaglia nera con cappuccio e un cinturone di cuoio nero, proprio come il personaggio immaginato dalle Giussani. È scaltro, veloce e riesce ogni volta a fuggire senza lasciare tracce. Sino al 27 maggio 1976, quando una donna si presenta ai carabinieri di Biella per denunciare il furto della sua Mini Minor. Il maresciallo Petretto, comandante della stazione, organizza la rete di sorveglianza per il giorno seguente: l'auto rubata viene intercettata, i due giovani a bordo fuggono attraverso i campi, uno dei due è immobilizzato dopo una folle corsa mentre il secondo perde la testa e spara contro i tre militari che gli sono più vicini, ma viene freddato da una raffica di mitra. Il tutto è durato meno di cinque minuti. Il bandito ucciso non ha documenti, sotto il giubbotto marrone veste la tuta nera, quella indossata nelle rapine da Diabolik.

 

 

A LEZIONE DI ETICA DIGITALE  CON MARTA BERTOLASO E GIOVANNI LO STORTO

 

I saggi contenuti in “Etica digitale”, il nuovo libro a cura di Marta Bertolaso e Giovanni Lo Storto, (Luiss University Press) mostrano come l’intelligenza artificiale, l’automazione del lavoro e la crescente digitalizzazione del mondo in tutti i settori non rappresentino solo questioni tecnologiche, ma autentici temi etici e cioè legati all’equilibro tra il progresso tecnologico e la sostenibilità ambientale, sociale ed economica del sistema in cui viviamo. Viviamo in un sistema al culmine del suo progresso scientifico e tecnologico, nel quale ci troviamo tuttavia a dover fronteggiare profonde disuguaglianze, che il digitale sembra acuire favorendo condizioni di lavoro sempre più instabili, incoraggiando l’automazione a discapito della competenza, riducendo gli utenti a meri elementi sottoposti alle regole dell’algoritmo. I saggi raccolti in Etica digitale – scritti da studiosi, professionisti, imprenditori, innovatori– manifestano l’urgente necessità di rimettere l’uomo al centro del discorso, rifiutando un modello di società guidata esclusivamente dal mito dell’efficienza e dal potere dei proprietari dei dati e delle macchine.  Questo libro nasce come un contributo a più voci sul dibattito attorno al nostro futuro e offre un insieme di punti di vista autorevoli e proposte su come orientare l’espansione digitale e immaginare il mondo che verrà, dove sviluppo tecnologico, crescita economica, sostenibilità e inclusione dovranno rappresentare parti di un tutto armonico. Le conseguenze della trasformazione in atto potranno condurre a esiti diversi a seconda del modo con il quale la tecnologia digitale sarà concepita come possibilità di affrancamento, per come sarà progettata e applicata. E la consapevolezza di questa dimensione costituisce il primo passo per poter dirigere in modo sensato inedite traiettorie e migliorare la qualità della nostra vita.

Marta Bertolaso è professoressa di filosofia della scienza e sviluppo umano presso l’Università̀ Campus Bio-Medico di Roma e Adjunct Professor presso l’Università di Bergen. Ha approfondito le questioni epistemologiche intrinseche alla comprensione dei sistemi complessi con particolare attenzione a quelli viventi e agli sviluppi delle nuove tecnologie di intelligenza artificiale.

Giovanni Lo Storto è Direttore Generale della Luiss e cofounder dell’acceleratore di startup Luiss Enlabs. Ha curato per Rubbettino nel 2014 l’edizione italiana del libro Jugaad Innovation e nel 2016 Frugal Innovation. Nel 2017, sempre con lo stesso editore, ha pubblicato Ero Studente. Il desiderio di prendere il largo. 

 

“I 100 DIPINTI CHE SCONVOLSERO IL MONDO” SECONDO FLAVIO CAROLI

 

In libreria “I 100 dipinti che sconvolsero il mondo”, il nuovo libro di Flavio Caroli edito da 24 ORE Cultura che ripercorre la storia dell’arte attraverso le opere pittoriche più iconiche di sempre, dal Crocifisso di Santa Croce di Cimabue fino ai capolavori delle avanguardie del Novecento.

Il volume - che prosegue la collana di saggi d’arte illustrati inaugurata dal successo di “Le 100 mostre che sconvolsero il mondo” - guarda alla storia dell’arte da un punto di vista inconsueto: anziché soffermarsi sulla vita degli artisti o sui movimenti culturali, secondo gli approcci più abituali, sceglie invece di osservare e approfondire le singole opere. Caroli guida i lettori in un affascinante viaggio attraverso otto secoli, alla scoperta dei cento dipinti considerati più innovativi - nella forma e nei contenuti - che hanno cambiato per sempre il corso degli eventi fino ad influenzare i gusti attuali, tanto da diventare dei modelli di riferimento entrati ormai a far parte dell’immaginario collettivo. Dallo straordinario Compianto sul Cristo Morto di Giotto che segna il passaggio dall’astrazione di tradizione bizantina ad una volumetria più viva e concreta delle figure, fino ad arrivare alla celebre Marilyn di Andy Warhol, simbolo ed elogio del consumismo americano, il libro offre al lettore un racconto inedito che mette al centro la forza dell’opera d’arte, la sua capacità di suscitare emozioni e di dare corpo all’immaginario di un’epoca o di una civiltà.

Di data in data, per ciascun capolavoro il libro ne approfondisce inoltre il contesto storico e sociale, mettendo in luce le peculiarità che l’hanno portato a segnare un significativo punto di svolta nella storia dell’arte. Le grandi stagioni della pittura scorrono così sotto gli occhi del lettore, in un approfondimento critico che si fonda sulla viva concretezza dei dipinti, dalla ricerca plastica e spaziale del Duecento, passando per la prospettiva rinascimentale e l’uso della pittura ad olio fiamminga, fino alle rivoluzioni linguistiche delle avanguardie tra Ottocento e Novecento, come il pointillisme presente nella maestosa tela di Seurat - Pomeriggio alla Grande Jatte - o il cubismo del celeberrimo Les Demoiselles d’Avignon di Picasso. E ancora, la sensualità atmosferica del colore nella Tempesta di Giorgione, la scoperta del reale nella Canestra di frutta di Caravaggio, la personificazione del sentimento rappresentata ne L’incubo di Füssli: ogni conquista di stile risulta visibilmente e tangibilmente incarnata in un quadro, che diventa così rappresentativo di una particolare concezione del mondo.

(© 9Colonne - citare la fonte)