Tradotto in quasi tutti i dialetti italiani c’è un detto che recita: parlare è arte leggera, che poi dovrebbe avere più o meno lo stesso dignificato del “dare aria ai denti”. Quello che è certo è che nel nostro paese, per dirla con parole del divino poeta, sono in molti ad aver “appreso ben quell’arte”. E a praticarla in beata disinvoltura, con buona pace della coerenza e del pudore. La pandemia non ha fatto che accentuare questa pessima abitudine. I giornali e le televisioni grondano dichiarazioni, pareri, spiegazioni sui più svariati argomenti da parte di persone professionalmente accreditate (il che è un bene) alle quali si aggiunge una pletora infinita di improvvisatori. Tralasciamo il capitolo strettamente collegato al coronavirus e proviamo a concentrare l’attenzione sul tema degli effetti collaterali. Tra le tante stravaganze ascoltate sono innumerevoli quelle che rimandano alla necessità di tornare alla normalità in modo di rimettere in moto l’attività produttiva in tutti i settori del paese. Naturalmente la parola d’ordine è stata sempre la stessa: riaprire, anche se spesso associata ad attività ludiche (movide, discoteche, feste) certamente utili e portatrici di un non trascurabile contributo alla ripresa economica. In tanto gran parlare si è data sempre per scontata la necessità di sfruttare ogni occasione utile al recupero del tempo sacrificato sull’altare del covid. Si è sentito discutere a lungo di scuole che avrebbero concluso l’anno scolastico oltre i limiti regolamentari grazie anche all’allentamento della morsa della pandemia, ma soprattutto di recupero dei ritardi accumulati negli uffici e anche nelle fabbriche. Questo era l’impegno inderogabile. Tutto ciò premesso è con qualche sorpresa che si è appreso che a Torino moltissimi uffici pubblici e privati resteranno chiusi il 25 giugno, un venerdì incastrato tra la festa patronale di San Giovanni e il week end. Risultato: un ponte di quattro giorni che, a estate appena cominciata, non può che trovare generale gradimento. E l’utilizzo di tutti gli spazi disponibili per rimettere in sesto il paese? Argomento rinviato al prossimo dibattito, le occasioni non mancheranno e neppure i partecipanti. Dopo tutto “parlare è arte leggera”. E si può dire e fare di tutto. Sempre nella speranza che Bruxelles nessuno se ne accorga.
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