La strage continua. Dalle Alpi alla Sicilia il tragico stillicidio dei morti sul lavoro non sembra concedersi pause. Facile immaginare l’obiezione: è stato già detto. Certo, basta scorrere le cronache dei giornali e la ripetizione balza evidente. Ma se si fa eccezione per le due grandi calamità che oscurano l’orizzonte di questa primavera 2022, ovvero la pandemia e la guerra in Ucraina che sembra voler contendere il primato già inquietante di Omicron, quante notizie vengono ripetute fino alla noia senza che abbiano l’importanza che si pretende di dare loro sovente per ragioni che semmai dovrebbero consigliare il silenzio?
Di fronte alle processioni di politici, spesso non di prima fila, che transitano nei telegiornali o trovano ospitalità in talk show e quotidiani compiacenti per far conoscere la loro vacua opinione sui più diversi argomenti, tornare anche a distanza di breve tempo su temi come i morti sul lavoro non è un rischio ma un dovere per chi abbia ancora a cuore il mestiere di informare. Ripetere se non per convincere chi non si vuol convincere quanto meno per informare gli italiani che da tempo si sta sviluppando un lavoro parallelo che, oltre ad essere povero, è ad altissimo rischio.
E’ quello che occorre fare, utilizzando meglio il tempo e la carta dedicata a chi parla dell’Ucraina risciacquando logori luoghi comuni, così come faceva nei momenti peggiori della pandemia, inventandosi di volta in volta esperto di geopolitica o virologo. Con l’aggravante che, essendo l’Italia un paese nel quale è difficile se non impossibile avvistare un semestre sgombro da scadenze elettorali, piccole, medie o grandi, la virata verso le manovre della vecchia e mala politica è scontata. Allora si aprono e si chiudono scenari, spesso improbabili e coniugati al solo scopo di fare confusione, nei quali l’argomento della sicurezza sul lavoro che dovrebbe seguire o essere parte del lavoro inteso come diritto di ogni cittadino scende nella scala delle priorità fino a diventare quell’indifferenza alla quale dedicare sempre più scarsa attenzione.
Un lavoratore morto in un cantiere, sepolto in una cava, finito negli ingranaggi di una macchina industriale, schiacciato da un trattore, investito da una ruspa diventano poca cosa spesso non contestualizzata con la situazione in cui ciò accade e con le conseguenze per le quali se si vuol dare un nome bisogna parlare di orfani e vedove, famiglie che devono vedersela giorno dopo giorno con gli effetti dell’improvvisa scomparsa dell’unico reddito.
E se tutto questo non bastasse ci sono i numeri a descrivere una vergogna alla quale ormai si fa l’abitudine derubricandoli fino a farli scivolare nell’informazione che si pretende trascurabile: più 47,6 per cento di infortuni e più 9,6 per cento di morti nei primi due mesi del 2022 secondo i dati Inail. Ci vuole altro? Certo che no. C’è quanto basta perché il problema venga riproposto con la stessa frequenza dei “pastoni” politici quotidiani che ammorbano i telegiornali. E se questo vuol dire ripetersi, pazienza. (14 apr 2022)
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