Difficile comprendere nelle sue reali dimensioni il fenomeno della corruzione nel nostro paese, anche per la evidente “forbice” che si rileva tra la forte percezione del fenomeno e i dati oggettivi che possono essere desunti attraverso vari metodi. Da noi la corruzione è generalmente percepita come particolarmente diffusa nei vari settori burocratici del Paese e la graduatoria stilata alla fine del 2021 da “Transparency International” nel rapporto sulla “Corruzione percepita”, pur riconoscendo un apprezzabile miglioramento, ha collocato l’Italia al 42° posto su 180 paesi con un punteggio di 56 che è ancora al di sotto della media UE (64). Si tratta, comunque, di un “indice della percezione” influenzato da fattori, non quantificabili, di valutazione soggettiva.
E’ possibile, tuttavia, nonostante le tante difficoltà sottese ad ogni possibile metodo di studio, provare a fare qualche considerazione sul fenomeno della corruzione avvalendosi del patrimonio informativo delle Forze di Polizia ed in questo il Servizio Analisi Criminale (Dipartimento della Pubblica Sicurezza) ha dato il consueto prezioso contributo nel report (2022) sui “reati corruttivi” non mancando di sottolineare la rilevanza della parte sommersa del fenomeno.
L’ambito analizzato si riferisce ad una pluralità di reati nel periodo che va dal 2004 al 2021 che vengono considerati espressione di atti corruttivi ed in particolare i delitti contro la Pubblica Amministrazione contemplati nel titolo II del libro II del Codice penale. I dati statistici ( estratti dalla banca dati interforze), evidenziano come quello riguardante l’abuso d’ufficio (art 323 c.p.) sia stato l’unico reato ad aver mantenuto un trend costante nei 18 anni analizzati, dai 1.019 casi del 2014 ai 1.025 del 2021 con il picco di 1.365 nel 2020. Rapportando i delitti commessi per abuso d’ufficio alla popolazione residente si ottiene il valore medio nazionale di 5,96 eventi per 100mila abitanti con una distribuzione del fenomeno nelle regioni centro-meridionali (Basilicata e Calabria in testa con il rapporto di 16 reati commessi per 100mila abitanti) e con una predominante concentrazione nell’hinterland delle città metropolitane di Roma, Milano e Napoli.
La norma sull’abuso d’ufficio che il ministro della giustizia Nordio vorrebbe “ritoccare” ( depenalizzare?) è stata già oggetto di una recente modifica che ne ha circoscritto l’ ambito di applicazione, con il “decreto semplificazioni” n°76 convertito nella legge 120 dell’11 settembre 2020. Per le altre undici fattispecie esaminate (peculato, corruzione in atti giudiziari, induzione indebita a dare o promettere utilità, traffico di influenze illecite ecc..) i valori sono più contenuti e con un andamento oscillante anche se nel triennio 2019/2021 si rileva una flessione per il peculato (art.314 c.p.) da 405 delitti a 240, la concussione (art.317 c.p.) da 55 delitti a 35 e per l’istigazione alla corruzione (art.322 c.p.) da 116 a 91. Rapportando tutte le fattispecie analizzate alla popolazione residente nel triennio 2019/2021 si ha il valore nazionale di 10,03 eventi per 100mila abitanti (Molise e Calabria in testa con il rapporto rispettivamente di 25 e 23), con una prevalente distribuzione del fenomeno nelle regioni tirreniche sud-occidentali e con una maggiore concentrazione di tali reati a Milano, Torino, Napoli, Palermo e, soprattutto, a Roma.
Le risultanze dello studio, non definitive per le particolari caratteristiche delle norme considerate come viene sottolineato nelle “conclusioni”, evidenziano comunque la “tendenziale concentrazione del fenomeno nelle grandi aree urbane ed in particolare nell’ambito della città metropolitana di Roma (..) La presenza del principale centro del potere politico e amministrativo, congiunta alla concomitante esistenza dei vertici delle principali aziende nazionali e internazionali, rendono la situazione della Capitale assolutamente singolare e forniscono l’occasione per la realizzazione dei più disparati e appetibili interessi di carattere economico, che non sfuggono certo alle varie forme di criminalità”.