Non un semplice viaggio ma un ritorno ai luoghi del cuore. Il turismo delle radici si rivolge ai discendenti degli italiani e alle nuove generazioni di italiani all’estero che vogliono rafforzare il legame affettivo con le proprie terre d’origine. Non si tratta di semplici viaggiatori: il turista delle radici è prima di tutto un ambasciatore di quei borghi che custodiscono tradizioni e identità. In occasione della presentazione del Progetto Polis di Poste Italiane, abbiamo intervistato i sindaci dei piccoli comuni, pronti ad accogliere i turisti delle radici nelle terre dei loro antenati. “La forza dei piccoli centri sta anche nell’amore di chi è lontano”. A cogliere lo spirito del turismo delle radici è Giovanna Pellicanò, sindaca di Staiti (RC). Nelle parole di Igor Gabrovec, sindaco di Duino Aurisina (TS), si tratta di “un turismo di qualità che va a far riscoprire i sapori, i luoghi, le culture e le tradizioni che erano importanti un tempo e oggi sono un volano di rilancio anche per quel turismo che porta qualità e non soltanto massa”. In sintesi, la riscoperta delle proprie terre d’origine. “Essendo un comune frontaliero al confine con la Slovenia - afferma Monica Hrovatin, sindaca di Sgonico (TS) - collaboriamo a diversi progetti anche con partner sloveni, per un turismo di nicchia per far conoscere il Carso triestino. Per cui ben venga qualsiasi tipo di incentivo rispetto a questa tematica, anche a livello nazionale”. Un’occasione per riscoprire e far crescere i piccoli borghi delle aree interne e non solo, come fa notare Elena Anna Gerardo, sindaca di Alfano (SA), la quale sottolinea che “non ci può essere un vero ritorno se non ci sono i presupposti occupazionali”. Oltre a far rinascere i comuni, il turismo delle radici potrebbe avere un ruolo fondamentale nell’invertire il processo di spopolamento delle aree interne dell’Italia. Come evidenzia Massimo Cavazzana, sindaco di Tribano (PD), l’obiettivo è attirare i turisti delle radici alla ricerca della propria identità: “io ho intere frazioni che sono passate da mille abitanti a 200. Abbiamo tanta gente che è in Brasile o in Argentina, quindi potrebbe essere una buona idea”.
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