Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

"Cento autori": esposti due secoli di arte ferrarese

Mostre
Le grandi mostre in programma in Italia e quelle che hanno l'Italia, attraverso i suoi grandi artisti, come protagonista nel mondo. Lo "Speciale mostre" è un viaggio tra capolavori, opere d'avanguardia e sperimentali, pittura e scultura, memoria e identità, storia e filosofia, un tributo all'arte e ai suoi protagonisti e un modo per scoprire quanto di buono fanno le istituzioni nazionali e locali per il nostro patrimonio culturale e di creatività.

Si è aperto con un tributo a due artisti ferraresi recentemente scomparsi, Gianfranco Goberti e Silvano Cavicchi, l'inaugurazione della mostra "Cento autori. Un omaggio all'arte", avvenuto il 1° febbraio alla Galleria del Carbone di Ferrara. Un viaggio attraverso cento firme figlie di Ferrara che hanno fatto la storia di Ottocento e Novecento, tra disegno, pittura, scultura e cinema: da Filippo De Pisis a Giovanni Boldini, passando per Michelangelo Antonioni, Carlo Rambaldi, Gaetano Previati, Arrigo Minerbi, Arnaldo Ferraguti e Achille Funi, oltre a Goberti e Cavicchi, i due autori scomparsi a gennaio di quest'anno a cui sarà dedicato un omaggio pittorico, insieme a oltre 40 dipinti su tavola, dedicati all'arte ferrarese ai suoi rappresentanti. Alla mostra è legato anche un nuovo libro su circa 200 anni di arte ferrarese. La pubblicazione s'intitola "Cento artisti ferraresi" ed è edita da La Carmelina. L'autore del libro è Giuliano Trombini, pittore, cartellonista e grafico pubblicitario originario di Tresigallo (FE), che la scorsa estate ha esposto, ai magazzini del Sale di Cervia, un ciclo di sue opere dedicate al mito di Diabolik e ai fumetti Neri e, a dicembre, a palazzo Pio (Tresigallo) con l'allestimento dal titolo "Storie". Curatore, invece, è Lucio Scardino, storico dell'arte, scrittore, già editore, da circa 40 anni studioso dell'arte ferrarese e non solo. "È stato per me come tenere traccia di un viaggio attraverso l'enorme ricchezza dell'arte ferrarese degli ultimi due secoli. Per questo ho voluto dare forma di taccuino a questa pubblicazione - spiega Trombini, precisando che gli autori rappresentati - sono alcuni di quelli che meriterebbero un'opera enciclopedica, per questo mi piace pensare che questo sia, appunto, l’inizio di un viaggio che condurrà me e i visitatori attraverso un lungo percorso storico, e di riscoperta, di un patrimonio straordinario di pittura, scultura, cinema del territorio". (gci)

TRA ARTE E TESSUTI NELLE OPERE DI ANNA MORO-LIN

Lidense, ma ligure di origine, Anna Moro-Lin è stata tra i grandi protagonisti della Fiber Art: a lei sarà dedicata, da ieri 2 febbraio fino al 20 agosto al Museo di Palazzo Mocenigo - Centro Studi di Storia del Tessuto, del Costume e del Profumo di Venezia, la mostra "Tramalogie. La Donazione di Anna Moro-Lin", a cura di Chiara Squarcina, promossa dal Comune di Venezia - Fondazione Musei Civici di Venezia, a poco più di due anni dalla scomparsa dell'artista. Il percorso si snoda in venti sale al primo piano nobile, raddoppiando le aree espositive aperte nel 1985. È stata inoltre realizzata una nuova sezione dedicata al profumo con cinque stanze dedicate, dove strumenti multimediali ed esperienze sensoriali si alternano in un percorso di informazione, emozione e approfondimento. L'ambiente nel suo insieme evoca diversi aspetti della vita e delle attività del patriziato veneziano tra XVII e XVIII secolo, ed è popolato da manichini che indossano preziosi abiti e accessori antichi appartenenti al Centro Studi di Storia del Tessuto, del Costume e del Profumo. La Fiber Art è l'arte tessile sviluppatasi a partire dal ventesimo secolo grazie anche all'artista francese Jean Lurcat, che si rifà all'arazzeria. Già a partire dal 1920 al Bauhaus si sperimentava l'uso di fibre e materiali come la seta artificiale, il metallo, il cellophane e la ciniglia nella disciplina di tessitura, tutte tendenze che hanno dato origine, trent'anni dopo, alla Fiber Art vera e propria. Il boom creativo effettivo però è stato negli anni '60 e '70 in cui questa forma d'arte ha raggiunto le sue forme più alte e disparate di espressione. "L'entità creativa di Anna Moro-Lin permette - ad affermarlo è Chiara Squarcina, curatrice della mostra e direttore del Museo di Palazzo Mocenigo, oltre che del Fortuny - di cogliere il valore assoluto nei confronti del tessile che, proprio grazie alla Fiber Art, viene sdoganato e assurge a materiale duttile per espressioni artistiche originali". (gci)

"IL MIO MONDO": A SARONNO (VA) LE OPERE INEDITE DI CARLA ALBERTELLA

"Il mio mondo: acqua, terra, mare e altri racconti": a Saronno (VA) il mondo di Carla Albertella. Con l'inaugurazione del 4 marzo, infatti, si apre presso Sala Nevera di Casa Morandi di Saronno la personale di Carla Albertella, realizzata da Associazione Flangini e a cura di Cristina Renso con l'intervento di Mara De Fanti, direttrice del Museo della Ceramica Gianetti di Saronno, aperta dal 5 al 19 marzo. La mostra, in collaborazione con il Museo della Ceramica Gianetti, con il Museo dell'Illustrazione e con il Patrocinio del Comune di Saronno, sarà aperta al pubblico con ingresso libero. In esposizione una selezione di opere, quasi tutte realizzate per l'occasione, quindi inedite, che sono sintesi di una ricerca iniziata negli anni Ottanta e allo stesso tempo espressione del nuovo orientamento stilistico-espressivo dell'artista genovese. Tra le opere in mostra si trovano sculture in vari materiali e circa venti tele acriliche di grandi dimensioni. Partendo dalle opere in mostra vengono offerte agli studenti di ogni ordine e grado varie tipologie di attività, ma tutte focalizzate sull'importanza dei comportamenti responsabili e sulla salvaguardia di questo bene comune. Per gli alunni della scuola primaria sarà realizzato un percorso particolarmente divertente sul personaggio del Signor Bonaventura, attraverso le illustrazioni originali del Corriere dei Piccoli, prestito del Museo dell'Illustrazione. Artista eclettica e versatile, Carla Albertella conduce da molti anni un intenso studio in vari ambiti espressivi, sperimentando molteplici tecniche: dalle miniature su avorio, ai paesaggi a olio e acrilico, passando per sculture in terracotta e recenti lavori in acrilico. Inizia nel 1988 con la terracotta, che diviene espressione assai congeniale alla sua personalità. Tra le tematiche più frequenti nella sua produzione trovano particolare rilievo le scene di ispirazione cavalleresca come "L'incontro" e tutto il ciclo de "Il Signor Bonaventura", eroe degli anni Venti, di cui si è concluso da pochi anni il centenario. (gci)

AGLI UFFIZI L'ARTE DI RUDOLF LEVY, VITTIMA DI AUSCHWITZ

A quasi ottant'anni dalla morte, in occasione della Giornata della Memoria, le Gallerie degli Uffizi di Firenze rendono omaggio al grande pittore espressionista tedesco, nonché allievo di Matisse, Rudolf Levy (Stettino 1875 - Auschwitz 1944), dedicandogli a Palazzo Pitti, fino al 30 aprile, una grande retrospettiva che copre tutta la sua attività. Le 47 opere in mostra, sotto il titolo "Rudolf Levy (1875 -1944) - L'opera e l'esilio", raccontano la tormentata esistenza dell'artista attraverso i suoi dipinti, dagli anni giovanili fino a quelli dell'esilio, tra cui gli ultimi trascorsi proprio a Firenze e considerati i più prolifici dal punto di vista artistico. Il giovane Levy inizia a dipingere in Germania sotto la guida di Heinrich von Zugel, uno dei fondatori della Secessione di Monaco. Si trasferisce poi a Parigi, dove frequenta assiduamente la scuola di pittura di Henri Matisse. Dopo aver combattuto nella Prima Guerra Mondiale, va a vivere a Berlino: è qui che nel 1922 realizza la sua prima mostra personale, facendosi conoscere a una cerchia più ampia di pubblico e critica. Quando iniziano le persecuzioni naziste contro gli ebrei, Levy lascia la Germania e iniziano le sue peregrinazioni, le cui tappe principali sono Maiorca, poi la Francia, gli Stati Uniti, la Dalmazia. Nel gennaio del 1938 approda in Italia; dopo un soggiorno ad Ischia e un anno circa trascorso a Roma, nel 1941 arriva a Firenze. Nella sua stanza-atelier a Palazzo Guadagni in piazza Santo Spirito, Levy ritrova la perduta felicità creativa: dal 1941 al 1943 realizza oltre cinquanta dipinti, in prevalenza nature morte e ritratti. Il 12 dicembre del 1943, dopo l'occupazione tedesca, viene arrestato e incarcerato alle Murate, quindi trasferito a Milano a San Vittore. Il 30 gennaio 1944 è messo su un treno per Auschwitz, nello stesso trasporto di Liliana Segre. Giunto ad Auschwitz viene presumibilmente avviato subito alle camere a gas perché considerato troppo vecchio per essere utilizzato per il lavoro da schiavo e la sua presunta data di morte è quella dell'arrivo del convoglio, il 6 febbraio 1944. La mostra di Palazzo Pitti, nata da un'idea di Klaus Voigt, insigne studioso dell'esilio di ebrei e antinazisti in Italia, ha lo scopo di far conoscere Levy al grande pubblico: a causa della feroce repressione nazista nei confronti degli ebrei e contro la cosiddetta "arte degenerata", le opere di questo artista presenti nelle collezioni dei musei tedeschi andarono in larga parte trafugate o disperse. Nell'immediato dopoguerra, a Levy vennero dedicate due mostre, ma in seguito il pittore non è stato più portato all'attenzione del grande pubblico. Il progetto degli Uffizi è stato curato dallo stesso Klaus Voigt, recentemente scomparso, Susanne Thesing, autrice della monografia su Levy, Vanessa Gavioli, curatrice delle Gallerie degli Uffizi, e Camilla Brunelli, direttrice del Museo della Deportazione e Resistenza di Prato. Firenze è tappa fondamentale nella produzione artistica di Levy, che proprio nel capoluogo toscano realizza alcune tra le sue opere più rappresentative: nature morte, paesaggi e ritratti. L'esposizione si articola in tre sezioni. La prima illustra una selezione di opere giovanili dipinte fino alla Prima guerra mondiale, dove è forte l'influenza di Henri Matisse. I dipinti dal 1919 al 1933, periodo precedente all'esilio, costituiscono il secondo capitolo del percorso: ancora centrale, in questo nucleo di lavori, il costante dialogo con l'arte di Matisse ma anche con quella di altre avanguardie. La terza parte rispecchia l'opera tarda nell'età dell'esilio, dal 1933 al 1943, ed accoglie dipinti che furono esposti in mostra a Firenze nel 1946 e nel 1950. In aggiunta, ve ne sono altri mai esposti finora in Italia, che si trovano oggi in collezioni private e pubbliche, soprattutto in Germania. Infine, è dedicato un approfondimento agli oggetti appartenuti all'artista, come fotografie e lettere, che insieme a cataloghi e documenti ufficiali, offrono una testimonianza preziosa sulla sua vita. La mostra, con varianti, si sposterà nell'autunno a Kaiserslautern in Germania. Il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt ha affermato: "Firenze è stato il porto sicuro dove per anni Levy ha potuto dipingere in un’atmosfera internazionale e piena di stimoli. Ma le leggi razziali che hanno macchiato l'Europa giunsero anche qui, ponendo fine alla sua avventura artistica e alla sua vita. Di Levy gli Uffizi hanno acquistato nel 2020 uno splendido ritratto di ragazza ('Fiamma'), eseguito proprio a Firenze ed ora, in occasione del Giorno della Memoria, assolvono al dovere morale di raccontare la tragica vicenda del pittore. Vicenda che, si è scoperto, si intreccia brevemente con quella della senatrice Liliana Segre". La direttrice del Museo della Deportazione e Resistenza di Prato, Camilla Brunelli, ha commentato: "Si è finora parlato troppo poco di Rudolf Levy a Firenze, dove fu arrestato il 12 dicembre 1943. Mancava un omaggio importante al pittore, una mostra monografica che avesse come focus gli anni dell’esilio, in particolare gli ultimi passati a Firenze, e che delineasse, anche attraverso un apparato documentario curato dallo storico berlinese Klaus Voigt, purtroppo recentemente scomparso, la sua vicenda umana di persecuzione, esilio e deportazione. Klaus Voigt ha studiato per tanti anni l’esilio in Italia di ebrei e oppositori del regime nazista e stava scrivendo un libro su di lui: mi fa piacere ricordare che dobbiamo a lui l’idea di questa mostra, subito accolta dal direttore degli Uffizi Eike Schmidt". (redm)

LA NUOVA FOTOGRAFIA AFRICANA A TRIESTE

Ormai celebrati in tutto il mondo fra i protagonisti della fotografia dell'ultimo mezzo secolo, i tre artisti africani Seydou Keita, Malick Sidibé e Samuel Fosso sono stati scoperti in occidente solo in anni recenti: dal 18 febbraio all'11 giugno il Magazzino delle Idee di Trieste presenta una mostra a loro dedicata, dal titolo "Ritratti Africani. Seydou Keita, Malick Sidibé, Samuel Fosso", a cura di Filippo Maggia. L'esposizione, prodotta e organizzata da ERPAC - Ente Regionale per il Patrimonio Culturale del Friuli-Venezia Giulia, presenta per la prima volta in Italia un'importante selezione di più di cento opere dei tre fotografi, messe a disposizione dalla C.A.A.C. The Contemporary African Art Collection di Ginevra, dalla Galleria Jean Marc Patras di Parigi, dalla Fondazione Modena Arti Visive e da numerosi prestatori privati. Alla preview stampa (17 febbraio ore 10.30-13.00) e all’inaugurazione (17 febbraio ore 18.00) sarà presente l'artista Samuel Fosso. Seydou Keita e Malik Sidibé nascono da famiglie modeste e iniziano la propria carriera in piccoli studi fotografici nella capitale del Mali, Bamako. Davanti al loro obiettivo sfilano i propri concittadini, in anni cruciali per la storia del Paese e dell'Africa. Di una generazione successiva a quella di Keita e Sidibé, Samuel Fosso riparte da dove gli altri avevano lasciato. Anche lui inizia la propria carriera in un piccolo studio fotografico, ma la sua opera, che al bianco e nero alterna il colore, non si compone come quella di Keita e Sidibé di ritratti di altri. Fosso inizia a ritrarre sé stesso, e il suo lavoro si sviluppa attraverso autoritratti in cui egli interpreta ironicamente gli stereotipi dell'Africa vista con gli occhi dell'Occidente o in cui reincarna figure simboliche come Malcolm X. Il percorso permette di coprire un lungo periodo di storia africana. Attraverso il genere del ritratto, che per ragioni storiche, politiche, sociali e religiose è stato quello prediletto da molti fotografi africani, l'esposizione al Magazzino delle Idee racconta un'Africa di rinascita e di ricerca della propria identità, documentando le aspirazioni sociali dei soggetti fotografati. La mostra è accompagnata dal volume "Ritratti Africani. Seydou Keita, Malick Sidibé, Samuel Fosso" pubblicato da Electa in occasione della mostra. (gci)

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