L'attacco alla Rai è partito . Giorgia Meloni sembra intenzionata a trasformare viale Mazzini in un bivacco di manipoli. Siamo forse alla vigilia di un salto di qualità della strumentalizzazione dell'azienda. Attorno rimangono poche forze in grado di difenderla. Le opposizioni si oppongono innanzitutto a se stesse. L'opinione pubblica , come dimostrerà con il voto di Lombardia e Lazio è da tutt'altre faccende affaccendata. Rimangono i dipendenti: faranno la resistenza? Certo da quello che si è visto a Sanremo non possono essere ottimisti. Vi è stata una indiscussa testimonianza civile su temi fondamentali e delicati , ma sempre con una venatura di marketing digitale, di conquista di tribù di followers, che non ha aiutato.
Far condurre il gioco alla coppia Ferragni/Fedez mi sembra che sia stato un errore da apprendisti stregoni. Loro portano a casa una dote di contatto e accreditamento di mercato rilevante ma lasciano alle spalle rovine fumanti. Infine il buco nero Zelenski. Ora possiamo pensare quello che vogliamo della guerra , ma mi pare difficile sostenere che su un tema che impegna l'immagine internazionale del paese di cui il servizio pubblico abbiano sempre detto che è componente irrinunciabile si possa distinguerci dalle scelte istituzionali.
Mentre Sgarbi non merita nemmeno una risposta quando blatera che la Rai debba concordare i programmi culturali con il relativo ministero , è per me indiscutibile che su aspetti che coinvolgono strategie e relazioni di politica estera, anche in un conflitto di cui siamo retrovia, non si possa separare l'azione del paese da quella dell'azienda pubblica.