Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

Maurizio Battista in scena all'Olimpico

Teatro
Dai palchi più prestigiosi agli spettacoli di provincia, lo "Speciale teatro" presenta ogni settimana le novità in cartellone in giro per l'Italia. Tra classici della commedia e della tragedia, opere, One man show, cabaret e "prime", le rappresentazioni teatrali vengono anticipate attraverso una descrizione sintetica dello spettacolo, della sua scenografia e dei suoi autori e interpreti, oltre a un piccolo vademecum con le date e gli orari.

Maurizio Battista in scena all'Olimpico

Continua a confermarsi campione d’incassi Maurizio Battista con “Ai miei tempi non era così…” al Teatro Olimpico di Roma fino al 2 aprile e in tour nazionale. Brillante, ironico, istrionico e imprevedibile come non mai porta in scena uno spettacolo nello stile dei grandi show televisivi, in cui passeggia sulla linea del tempo fra aneddoti e ricordi. Interagisce con il pubblico, strappa fragorose risate, fa scatenare la platea sulle hit degli anni ‘90, ma fa anche emozionare, raccoglie applausi e standing ovation ad ogni replica. “Ai miei tempi non era così…” è lo spunto per tante riflessioni. Siamo veramente sicuri che il passato coincida con l’idea di “vecchio” e il presente con l’idea di un “nuovo” che ci costringe ad arrancargli dietro, fino a farci invecchiare prima del tempo? E chi l’ha detto che la felicità consista in un accumulo di “effetti speciali” o non piuttosto, com’era una volta, nel sapersi divertire con talmente poco che eravamo noi a sentirci “speciali”? Tra queste e altre domande, si muove Maurizio Battista, in un precisissimo slalom per non urtare i paletti dell’ipocrisia e dell’ignoranza, issati dall’epoca attuale, coadiuvato dalla musica dei Los Locos, dalle canzoni di Renato Zero interpretate dal suo erede naturale Daniele Si Nasce e dall’irriverenza del comico Dado, sempre pronto a smascherare inganni e sotterfugi della contemporaneità. A tale proposito la sala del teatro riproduce una sala cinematografica di tanti anni fa, nella quale, attraverso la proiezione di vecchi film, si capisce come di questa presunta modernità ci siamo fatti appunto un “film” che non corrisponde ai nostri bisogni reali e che ci fa dire spesso “ai miei tempi non era così…”. Per l’occasione al pubblico Maurizio Battista riserva un piccolo cadeau: “A cena con il prete (le confessioni di un uomo solo)”, un libro-racconto a ruota libera dello showman, che si confida e si svela a Don Luigi con il pungente umorismo e la travolgente ironia che lo contraddistinguono. Uno show nello show, che si lega con un doppio filo allo spettacolo, come si evince da uno stralcio: “Mia nonna Lina sosteneva che fossi un giovane “tribolato”, con un destino tormentato. Eppure, all’epoca, mi sentivo leggero e felice. Solo molto più tardi mi resi conto di quanto mia nonna fosse stata profetica”. Queste le prossime date del tour:

5-6/04 Genova – Politeama Genovese

11-12/04 Napoli – teatro Augusteo

14/04 Pescara – Teatro Massimo

22/04 Varese – Teatro di Varese

28/04 Montecatini (PI) – teatro Verdi

29/04 Grosseto – teatro Moderno

30/04 Bari – Teatro Petruzzelli

5-6-7/05 Bologna – Teatro Duse

12-13/05 Firenze – Tuscany Hall

dal 16 al 21/05 Milano – Teatro Lirico. (red / Gil)

 

 

A BOLOGNA ENZO DECARO IN “NON È VERO MA CI CREDO”

 

Il grande teatro napoletano torna dal 24 al 26 marzo (ore 21, domenica ore 16) al Teatro Duse di Bologna (Via Cartoleria, 42) con Enzo Decaro protagonista della commedia ‘Non è vero ma ci credo’ di Peppino De Filippo per la regia di Leo Muscato che, proprio con questo testo, a poco più di vent’anni, debuttò nella compagnia di Luigi De Filippo. Pur rispettando i canoni della tradizione partenopea, Muscato imprime un sapore più contemporaneo a quella che lui stesso definisce una “tragedia tutta da ridere, popolata da una serie di caratteri che sono versioni moderne delle maschere della Commedia dell’Arte”. Non a caso, sottolinea Muscato nelle sue note di regia “il protagonista assomiglia tanto ad alcuni personaggi di Molière che Luigi De Filippo amava molto.” Al centro della storia c’è l’avarissimo imprenditore Gervasio Savastano, che vive nel perenne incubo di essere vittima della iettatura. La sua vita è un inferno perché vede segni funesti ovunque e teme che qualcuno o qualcosa possa minacciare l’impero economico che è riuscito a mettere in piedi con tanti sacrifici. Chi gli sta accanto è sull’orlo di una crisi di nervi a causa delle sue assurde manie ossessive che oltrepassano la soglia del ridicolo quando Savastano licenzia un suo dipendente solo perché è convinto che porti sfortuna. L’uomo, però minaccia di denunciarlo per calunnia e trascinarlo in tribunale. “Sembra il preambolo di una tragedia, ma siamo in una commedia che fa morir dal ridere. E, infatti, sulla soglia del suo ufficio appare Sammaria, un giovane in cerca di lavoro. Sembra intelligente, gioviale e preparato, ma il commendator Savastano è attratto da un’altra qualità: la sua gobba. Da qui una serie di eventi paradossali ed esilaranti che vedranno al centro della vicenda la credulità del povero commendator Savastano” racconta ancora Muscato, ricordando che “Peppino De Filippo aveva ambientato la sua storia nella Napoli un po’ oleografica degli anni 30. Luigi aveva posticipato l’ambientazione una ventina d’anni più avanti. Noi - conclude - seguiremo questa sua intuizione avvicinando ancora di più l’azione ai giorni nostri, ambientando la storia in una Napoli anni Ottanta, un po’ tragicomica e surreale in cui convivevano Mario Merola, Pino Daniele e Maradona”. Lo spettacolo, concepito con un ritmo iperbolico, condenserà infatti l’intera vicenda in un solo atto di 90 minuti. Sul palco con Enzo Decaro  troveremo Francesca Ciardiello, Carlo Di Maio, Roberto Fiorentino, Massimo Pagano,  Gina Perna, Giorgio Pinto, Ciro Ruoppo, Fabiana Russo, Ingrid Sansone. Scene di Luigi Ferrigno, costumi di Chicca Ruocco, disegno luci Pietro Sperduti. (red/ Gil)

 

VERSIONE ITALIANA PER "LAZARUS" DI DAVID BOWIE, AL VIA LA TOURNÉE

 

Va in scena per la prima volta in Italia al Teatro Bonci di Cesena, fino al 26 marzo, con la regia di Valter Malosti lo spettacolo “Lazarus”. Considerata “il regalo d’addio di David Bowie al mondo”, l’opera rock che il grande artista britannico scrisse poco prima della sua scomparsa insieme al drammaturgo irlandese Enda Walsh, ad otto anni dal debutto a New York, il 7 dicembre 2015 (ultima apparizione pubblica di Bowie), debutta in Italia grazie ad Emilia Romagna Teatro ERT - Teatro Nazionale che ha ottenuto i diritti in esclusiva nazionale realizzando la produzione insieme ai teatri nazionali Teatro Stabile di Torino, Teatro di Napoli e Teatro di Roma ed al centro culturale LAC Lugano Arte e Cultura. Il direttore di ERT Valter Malosti ne ha curato la versione italiana confrontandosi con lo stesso Walsh. Trasportato da una forte attrazione per l’arte di Bowie, Malosti arriva alla traduzione e alla messa in scena di Lazarus realizzandone una drammaturgia originale che omaggia i più grandi successi del Duca Bianco: da Heroes a Life on Mars? fino a Changes e, naturalmente, Lazarus, capolavoro che dà il titolo all’opera. Interpreta il protagonista Newton, il migrante interstellare del noto romanzo di Walter Tevis L’uomo che cadde sulla terra (1963), uno dei nomi di punta della musica italiana, Manuel Agnelli, come lo stesso Bowie fece nell’omonimo film di Nicolas Roeg (1976). Il cantautore e storico frontman degli Afterhours viene affiancato dalla cantautrice vincitrice della 14ma edizione di X-Factor Italia Casadilego nei panni di The Girl e dalla coreografa e danzatrice Michela Lucenti.  In scena un ricchissimo cast che vede sul palco 11 interpreti: insieme ai tre protagonisti, gli attori Dario Battaglia, Attilio Caffarena, Maurizio Camilli, Noemi Grasso, Maria Lombardo, Giulia Mazzarino, Camilla Nigro, Isacco Venturini; e una band composta da 7 musicisti, guidati dal progetto sonoro di GUP Alcaro, Laura Agnusdei, Jacopo Battaglia, Ramon Moro, Amedeo Perri, Giacomo “ROST” Rossetti, Stefano Pilia, Paolo Spaccamonti. Un’opera ammantata di mistero dove Newton vive sospeso al confine tra la vita e la morte, prigioniero di sé stesso e isolato nel suo appartamento, afflitto dalla depressione e dalle alterazioni dell’alcol, in preda ai fantasmi della sua psiche che mescola realtà e sogno. Un’allegoria autobiografica che ha affascinato le platee di tutto il mondo e che ripercorre i temi centrali della poetica di Bowie: l’invecchiamento, il dolore, l’isolamento, la perdita dell’amore, l’orrore del mondo e la psicosi indotta dai media. Dopo il debutto a Cesena, la tournée proseguirà nei teatri delle più importanti città italiane: Teatro Storchi a Modena (dal 29 marzo al 2 aprile), Teatro Galli a Rimini (dal 5 al 7 aprile), Teatro Argentina a Roma (dal 12 al 23 aprile), Teatro Arena del Sole a Bologna (dal 26 al 30 aprile), Teatro Mercadante a Napoli (dal 3 al 14 maggio), LAC Lugano Arte e Cultura a Lugano (dal 18 al 20 maggio), Piccolo Teatro Strehler a Milano (dal 23 al 28 maggio), Teatro Comunale a Ferrara (dall’1 al 3 giugno) e Teatro Carignano a Torino (dal 6 al 18 giugno). (redm)

 

VENEZIA: “MARTEDÌ DELL’AVOGARIA”, IN SCENA “VARIABILI”

 

Penultimo appuntamento con i “Martedì dell’Avogaria”, la rassegna che, al Teatro a l'Avogaria di Venezia (Dorsoduro 1607, Corte Zappa) presenta il meglio della giovane drammaturgia nazionale. Martedì 28 marzo, va in scena “Variabili” di e con Altea Bonatesta e Martina Capaccioli per la regia di Marco De Rossi. Due ragazze vivono un'essenziale quotidianità fatta di parole non dette, omissioni, fastidi e piaceri che delineano un rapporto tra due persone che si conoscono troppo bene. Un mistero si sviluppa attorno ad atteggiamenti inconsueti, e attorno a una ciambella che deve essere mangiata.  Una delle due nasconde qualcosa e quale sia il reale problema si scopre solo alla fine, in un delirio onirico che riassume e riporta alla mente le parole di tutto lo spettacolo: il disturbo alimentare. Il perché, le cause e le ragioni per cui si finisce in questo tunnel infernale forse stanno nelle "Variabili" di ciascuno di noi, quelle "Variabili" che nella vita non puoi scegliere ma che ti capitano in sorte.  Lo spettacolo scava sempre più a fondo nell’animo umano fino a non riuscire più a definire ciò che è reale e ciò che viene prodotto dalla mente malata di una delle due protagoniste. La realtà e la mente si fonderanno in un gioco di specchi, in un puzzle, sempre più slegato dalle regole della ragione. L’Associazione Teatro a l’Avogaria, nasce nel 1969 dalla passione e dalla tenacia di Giovanni Poli, già fondatore del Teatro Universitario Cà Foscari di Venezia, e dagli esordi si pone come laboratorio di ricerca che coniuga un metodo d’improvvisazione teatrale tra la Commedia dell’Arte e le Teorie dell’Avanguardia. In più di quarant’anni di attività ha prodotto oltre sessanta spettacoli tra cui la “Commedia degli Zanni” rappresentata con successo sui più importanti palcoscenici internazionali. Riconosciuta come uno dei centri di formazione professionale di riferimento nel Triveneto, ogni anno organizza corsi, dedicati ad appassionati e professionisti, su discipline quali recitazione, Commedia dell’Arte, dizione, storia del teatro, canto, tecnica dell’interpretazione.(red / Gil)

 

BOLOGNA, AL DUSE "IL MAGO DI OZ" TRA MUSICAL E NUOVO CIRCO

 

Ancora fiaba e sogno in scena al Teatro Duse di Bologna (via Cartoleria, 42) dove, martedì 28 marzo alle 21, arriva sul palco ‘Il Mago di Oz’, mirabolante family show ispirato all’omonima favola, tratta dal libro di L. Frank Baum. Lo spettacolo, che propone la storia di Dorothy in un’originalissima dimensione che fonde musical e nuovo circo, vede impegnato un cast di 25 artisti tra cantanti, danzatori e alcuni tra i maggiori acrobati del circo contemporaneo mondiale, vincitori di diversi presi internazionali che spaziano dall’Award of International Circus Festival di Monte-Carlo al Got Talent. Sulle musiche originali scritte e dirette dal giovane compositore Andrei Zubets, la messa in scena di questo spettacolo, adatto a tutta la famiglia, è esaltata animazioni digitali, coloratissime grafiche in 3D, effetti speciali e costumi fantasmagorici realizzati dal team di creativi della compagnia Romanov Arena. La trama è nota. La piccola Dorothy è un’orfana che abita in Kansas con gli zii. Quando un tornado spazza via la loro casa con Dorothy all’interno, la bambina viene trasportata nel paese di Oz dove la piccola dovrà vedersela con quattro streghe: due buone, la strega del Nord e la strega del Sud, e due cattive, la strega dell’Est e la strega dell’Ovest. Con ai piedi le magiche scarpette di cristallo donatele dalla strega del Nord, Dorothy inizia il suo viaggio fantastico alla volta del capitale del regno, la città di Smeraldo, dove risiede il potentissimo Mago di Oz, al quale è decisa a chiedere aiuto per tornare a casa. È lungo la strada che la protagonista incontra tre compagni: uno spaventapasseri che vorrebbe avere un cervello, un boscaiolo di latta che vuole avere un cuore e infine un leone al quale manca il coraggio. Qui comincia l’avventura dei quattro compagni che dovranno affrontare ostacoli, prove e la malvagia strega dell’Ovest, prima di vedere esauditi i propri desideri. (red / Gil)

 

 

A ROMA “IL GIARDINO DEI CILIEGI”

 Il Giardino dei Ciliegi – in scena fino al 2 aprile al Teatro Umberto di Roma, con la regia di Rosario Lisma - è l’ultimo lavoro di un Cechov malato e vicino alla morte; eppure, mai così attaccato alla vita, intesa come respiro, anima del mondo e speranza nel futuro. Nella sua ultima commedia – perché così egli la definì e la intese – l'autore esprime ancora più lucidamente la sua riflessione sulla goffa incapacità di vivere degli esseri umani. Il loro trabismo esistenziale sulla propria anima. Ljuba e suo fratello Gaev, un tempo lieti, da bambini, tornano nell’età matura nel luogo simbolo della loro felicità appassita. La stanza chiamata ancora “dei bambini”. Da cui si intravede il loro giardino dei ciliegi, un tempo motivo di vanto e orgoglio in tutto il distretto. Ora però i tempi sono cambiati. I ciliegi non producono più frutti commerciabili, sono solo l’ombra di un passato che non tornerà più. Così le speranze, la gioia, l’amore, tutto ciò che era legato simbolicamente al giardino è andato perduto. Il declino economico accende brutalmente il declino della loro esistenza a cui non sanno (o non vogliono) porre rimedio. “Un grande spazio chiaro, con una forte presenza illuminotecnica contemporanea, con pochi elementi scenici richiamanti la ‘stanza dei bambini’, oggetti volutamente sproporzionati rispetto alla statura dei personaggi, come se fossero ancora piccoli rispetto all’ambiente, mai cresciuti: un tavolo colorato, una sediolina dell’infanzia, una grande bambola… E soprattutto: il grande armadio centrale sullo sfondo a cui Gaev, come da testo, canta le lodi come a un monumento. Testimone del tempo felice che fu. Imponente e simbolico come un dolmen sbiadito. Sempre chiuso per tutto il tempo dell’azione scenica. Lo aprirà solo sul finale Lopachin, nuovo proprietario, con le chiavi che gli avrà lanciato Varja, scontrosa e ribelle. All’apertura l’armadio vomiterà il suo contenuto che travolgerà il nuovo proprietario” si legge nelle note di regia dello spettacolo che vede in scena lo stesso regista insieme a Milva Marigliano, Dalilas Reas, Eleonora Giovanardi, Tano Mongelli e Giovanni Franzoni, con la partecipazione in voce di Roberto Herliztka. (redm)

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