Appena è alle viste una chiamata alle urne - e si sa che in Italia l’orizzonte elettorale non è mai sgombro- i partiti si mobilitano com’è naturale che avvenga, purtroppo senza soluzione di continuità con la precedente tornata a conferma di un metodo di fare politica che lascia poco spazio a quella che dovrebbe essere una concreta arte di governare.
Contemporaneamente, in margine a questo scenario, si materializzano dei filoni paralleli a quelli delle tradizionali forze politiche che, inizialmente senza scoprirsi, puntano poi a entrare nell’arena elettorale utilizzando ingressi secondari. Il riferimento non è a quel variopinto milieu nel quale come meteore compaio personaggi stravaganti che pensano di poter cavalcare l’onda dello scontento illudendosi di poter resuscitare dopo quasi ottant’anni L’uomo Qualunque di Guglielmo Giannini, ma a un fenomeno più recente con protagonisti scaltri e con “precedenti” politici.
Prendiamo Alessandro Di Battista, ospite fisso del talkshow di Giovanni Floris. In una delle ultime serate ha ufficializzato di essere impegnato a mettere assieme una forza politica con la quale esordire alle prossime politiche. Dopo aver divorziato da M5S nel 2021 e dopo essersi dedicato ad arti e mestieri vari, dal giornalismo alla falegnameria, il nostro Geppetto adesso si sta dedicando a creare dal nulla un suo burattino e ci sta dando dentro con tutte le sue forze e con la stessa passione degli anni in cui voleva rivoltare il mondo assieme al sodale Luigi Di Maio anche lui uscito dalla casa madre. I sondaggi, a quanto si dice, gli attribuiscono un 5 per cento. A lui può bastare per una poltrona in parlamento.
L’altro burattinaio, Michele Santoro, la prende alla lontana ma non tanto visto che da un anno non fa che parlare di un nuovo partito che, a suo dire, dovrebbe sostituire il Pd che ha smesso da tempo di essere una forza di sinistra. Ospitato a Otto e mezzo da Lilli Gruber ha detto di essere impegnato a organizzare una manifestazione battezzata “Staffetta per la pace da Aosta a Lampedusa” alla quale hanno aderito un certo numero di intellettuali e non solo. E alla domanda se questa fosse anticipatrice di un partito non ha mostrato dubbi. Naturalmente un partito, ha risposto, diverso da quello della Schlein al quale ritiene di poter portare via iscritti facendo leva soprattutto sul dissenso che ha creato nel Pd la posizione assunto sulla guerra in Ucraina.
A proposito della quale ha rilanciato la sua personale versione, quella sulla ricerca della pace, naturalmente continuando a tacere su quello che Alberto Ronchey chiamava sua maestà il fatto, nel caso in questione l’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin. A conferma che, anche per lui, come per Di Battista l’obiettivo è il Parlamento. A settant’anni suonati, gran parte dei quali dedicati a entrare e uscire dalla Rai, da Mediaset, dalla Sette, dal Fatto quotidiano e da tutto, compreso il primo amore politico che non ritrova più nel Pd ma che pensa di sostituire dicendo qualcosa di sinistra.