di Paolo Pagliaro
Trent’anni fa in Italia si producevano quasi due milioni di autovetture. L’anno scorso sono state meno di mezzo milione. Con questi volumi diventa difficile tenere in piedi la filiera industriale dell’auto, e i relativi posti di lavoro. Stellantis, l’unico produttore di cui in teoria disponga il nostro paese, si muove in un’ottica globale e investe soprattutto all’estero. La Tipo nasce in Turchia, la Jeep viene prodotta in Polonia. dove vengono assemblate anche la 600 elettrica e il nuovo Suv Alfa Romeo mentre in Spagna, nello stabilimento ex Opel di Saragozza, Lancia sta per avviare la produzione della nuova Ypsilon. Nella mappa impietosa pubblicata dal Sole gli stabilimenti italiani si ritagliano un ruolo sempre più residuale, per mercati di nicchia.
Di riflesso, c’è un problema di sopravvivenza anche per l’industria della componentistica, che ancora paga il prezzo della vendita ai giapponesi del gioiello Magneti Marelli.
In questo quadro, si fa strada l’idea che lo Stato possa indirizzare gli investimenti di Stellantis diventandone socio, come d’altra parte ha fatto il governo francese. Un intervento che – scrive oggi il Sole - andrebbe affidato a Cassa Depositi e Prestiti.
Si tratta della stessa soluzione suggerita anni fa da Romano Prodi , buon profeta nel prevedere che la presenza dello Stato francese tra gli azionisti di Stellantis sarebbe risultata determinante, soprattutto nelle decisioni riguardanti l’occupazione. Ma come accaduto con la cessione di Alitalia, il destino di Prodi è di sentirsi dar ragione a tempo ormai scaduto.