L’evoluzione della figura paterna negli ultimi decenni è stata caratterizzata da un cambio di paradigma, reso possibile dall’emancipazione della donna, con conseguente necessità di ridimensionare i ruoli genitoriali.
La pandemia ha accelerato questa evoluzione, restituendo un padre sempre più partecipativo nelle pratiche educative ed emotive, legate soprattutto alla cosiddetta “fase materna” del bambino, che va da 0 a 3 anni. Il lockdown e l’home working hanno costretto anche i papà, generalmente più restii a trascorrere necessariamente la loro quotidianità in casa, modificando l’approccio al rapporto genitore-figlio. Molti di loro hanno dichiarato di essersi resi conto del valore che ha, in una delle fasi cruciali nella crescita di un bambino, essere presenti e attivi, tanto da dichiarare di voler mantenere con piacere questa modalità di lavoro smart. Altri riconoscono invece, l’importanza di mantenere una fase di distaccamento durante la giornata, per permettere al bambino stesso di riscoprire l’autonomia, andando anche a lavorare su quel sentimento di mancanza che diminuisce poi la protesta per la separazione dal genitore. Per alcuni, dedicare la propria pausa alla cura del piccolo si riflette in positivo anche sul lavoro, altri la definiscono invece una fonte di distrazione, motivo per il quale ritengono necessario mantenere una diversificazione tra ambiente di lavoro e ambiente familiare. In ogni caso, le condizioni dettate dalla pandemia hanno coinvolto maggiormente i papà nelle pratiche di gioco, nell’educazione e nelle cure affettive nei confronti dei bambini. Condivisione e reciprocità divengono così le caratteristiche vincenti di un papà 4.0. La figura del padre di famiglia è mutata, seppur lentamente, in modo radicale. Questo cambiamento favorisce la scoperta di una nuova paternità. I papà si riappropriano del loro status, bilanciando anche le dinamiche di coppia e non solo il rapporto con i più piccoli.
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