BAUMAN SPIEGA “UN MONDO FUORI ASSE”
Il nostro è un mondo fuori asse: autocompiaciuto, borioso e insensibile, convinto di non avere alternative, che si lascia vivere alla giornata facendo finta di ‘potercela fare’. Contro lo spirito di questo mondo nuovo, Bauman in “Un mondo fuori asse” (Laterza, traduzione di M. Cupellaro) scrive pagine indimenticabili, condividendo il principio magnificamente espresso dallo scrittore H.G. Wells: “Nessuno più dovrà vivere o essere al di sotto del proprio meglio”. Le grandi distopie immaginate da Orwell o da Huxley esprimevano la propria visione degli orrori del mondo solido-moderno abitato da produttori e soldati irreggimentati e ossessionati dall’ordine. Essi credevano nei sarti su misura, cioè nella possibilità di confezionare un futuro su ordinazione. Temevano gli errori di misurazione, i tagli scadenti o la corruzione dei sarti, ma non pensavano certo che le sartorie potessero fallire e scomparire. Le distopie del presente rappresentano un mondo in cui i sarti non ci sono più, in cui ci si crea da sé il proprio futuro che nessuno controlla, né vuole o sa controllare. In un mondo come questo non può che crescere lo scoramento e il disfattismo, l’incapacità di agire e la sensazione di essere condannati a soccombere. Eppure, secondo Bauman, questa è soltanto la descrizione di quello che stiamo vivendo. Non è vero che è “sempre la stessa storia”: il futuro non si deduce dal presente, il futuro non è un destino. Ancora una volta Zygmunt Bauman illumina, legge, interpreta e traduce ogni piega del tempo che viviamo.
L’autore è stato uno dei più noti e influenti intellettuali del secondo Novecento, maestro di pensiero riconosciuto in tutto il mondo. A lui si deve la folgorante definizione della «modernità liquida». Ha insegnato Sociologia presso l’Università di Leeds. Laterza ha pubblicato quasi tutti i suoi libri, tra cui: Voglia di comunità; Modernità liquida; Amore liquido; Vita liquida; Modus vivendi. Inferno e utopia del mondo liquido; Paura liquida; Capitalismo parassitario; “La ricchezza di pochi avvantaggia tutti”. Falso!; Danni collaterali; Babel (con E. Mauro); Per tutti i gusti. La cultura nell’età dei consumi; Stranieri alle porte; Retrotopia; L’ultima lezione (con W. Goldkorn); Il disagio della postmodernità; Cecità morale (con L. Donskis); A tutto campo. L’amore, il destino, la memoria e altre umanità (con P. Haffner); Male liquido (con L. Donskis); Un mondo fuori asse.
ROSSANA ROSSANDA: VOLTI DI UN SECOLO. IL NOVECENTO IN 52 RITRATTI
Gli hanno dato del “secolo breve” ma, forse perché finora non è stato sostituito da nulla di apparentemente durevole o significativo, il Novecento non accenna a tramontare. È stato uno sconcertante contenitore di conflitti (anche mondiali), di ideologie (anche mostruose), di idee (anche geniali), di impegno (anche estremo). E dell’impegno di Rossana Rossanda – voce scomoda, abrasiva, coerente e appassionata del panorama politico e giornalistico italiano nessuno può dubitare. Ma, tra le pagine di questo libro, “Volti di un secolo. Il Novecento in 52 ritratti” (Einaudi) a emergere sono piuttosto il coinvolgimento e l’appartenenza a quel secolo contraddittorio e irripetibile che ha creduto nella memoria: forse sbagliando per l’ennesima volta, ma speriamo di no. Ricordare, mentre escono di scena, personaggi noti a tutti e amici cari noti soprattutto a lei sottolinea, in Rossanda, il talento da “autobiografa” del Novecento. Nell’ampia scelta di necrologi (oltre la metà del totale) proposta da Franco Moretti, saranno ancora in molti a riconoscere figure celebri della politica, dell’arte, della cultura (da Pablo Picasso a Herbert Marcuse, da Enrico Berlinguer a Natalia Ginzburg). Altre no, non piú. O non ancora. Perché con i morti, dei morti, si deve parlare eccome. I morti ci appartengono, con tutto ciò che della nostra vita già sanno e possono insegnarci, anche a cambiare o a trovare.
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