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direttore Paolo Pagliaro

IL SUPERVULCANO
POTREBBE ERUTTARE?

Secondo una nuova ricerca condotta dall'University College di Londra (UCL) e dall'Istituto nazionale di ricerca italiano per la geofisica e la vulcanologia (INGV), il supervulcano dei Campi Flegrei nell'Italia meridionale si è indebolito, aumentando la probabilità di un'eruzione. Utilizzando un modello innovativo che analizza i modelli dei terremoti e il sollevamento del suolo, lo studio peer-reviewed, pubblicato sulla rivista Nature's Communications Earth & Environment, ha scoperto che alcune parti del vulcano sono state allungate fino al punto di una potenziale rottura. Tuttavia, i ricercatori sottolineano che sono necessarie ulteriori indagini per prevedere con precisione il verificarsi di un'eruzione. Il vulcano dei Campi Flegrei mostra segni di disordini da oltre 70 anni, con periodi di intensa attività negli anni '50, '70 e '80, seguiti da una fase più lenta di disordini nell'ultimo decennio. Durante questi periodi si sono verificati decine di migliaia di piccoli terremoti e la città costiera di Pozzuoli ha subito un sollevamento di quasi 4 metri (13 piedi), equivalente all'altezza di un autobus a due piani. Lo studio ha utilizzato un modello sviluppato presso l'UCL per valutare la fratturazione del vulcano. Analizzando i modelli dei terremoti e il sollevamento del suolo, i ricercatori hanno concluso che alcune sezioni del vulcano si stanno avvicinando al punto di rottura. Il professor Christopher Kilburn, autore principale ed esperto di scienze della Terra dell'UCL, ha spiegato che mentre lo studio conferma che il vulcano dei Campi Flegrei si sta avvicinando alla rottura, non garantisce un'eruzione. "La rottura può aprire una crepa attraverso la crosta, ma il magma deve ancora essere spinto verso l'alto nel punto giusto affinché si verifichi un'eruzione", ha spiegato. "Questa è la prima volta che applichiamo il nostro modello, che si basa sulla fisica di come le rocce si rompono, in tempo reale a qualsiasi vulcano. Questo studio rappresenta la prima applicazione del modello in tempo reale a un vulcano attivo. Il professor Kilburn ha evidenziato l'accuratezza del modello, in quanto prevedeva correttamente il crescente numero di piccoli terremoti associati ai disordini dei Campi Flegrei. Verranno ora apportati aggiustamenti per migliorare le stime della probabilità che si formino nuove rotte affinché il magma o il gas raggiungano la superficie. Il dottor Nicola Alessandro Pino dell'Osservatorio Vesuviano, in rappresentanza dell'INGV a Napoli, ha sottolineato lo stato di indebolimento del vulcano. Nonostante le sollecitazioni minori rispetto all'ultima grande crisi di 40 anni fa, parti del vulcano stanno diventando più vulnerabili alla rottura. I Campi Flegrei sono unici in quanto non assomigliano a un tipico vulcano. Invece di formare una montagna tradizionale, assume la forma di una dolce depressione che si estende per 12-14 chilometri (7,5-8,5 miglia), nota come caldera. Questa struttura unica ha portato alla creazione di una comunità di 360.000 persone sulla sua superficie. Negli ultimi dieci anni, il terreno sotto Pozzuoli si è gradualmente alzato a una velocità di circa 10 centimetri (4 pollici) all'anno. Inoltre, dalla metà degli anni '80 è stato registrato un numero significativo di piccoli terremoti, con aprile che ha registrato il conteggio mensile più alto di oltre 600. Questi disturbi sono attribuiti al movimento di fluidi a circa 3 chilometri (2 miglia) sotto la superficie, probabilmente includendo roccia fusa (magma) e gas vulcanico. La fase in corso di disordini sembra essere guidata dal gas magmatico che filtra nelle fratture rocciose, permeando la crosta spessa 3 chilometri. I terremoti derivano dallo scivolamento delle faglie dovuto allo stiramento della crosta. L'analisi dei modelli dei terremoti del 2020 suggerisce che la roccia mostra un comportamento anelastico, rompendosi piuttosto che piegandosi. La dott.ssa Stefania Danesi dell'INGV Bologna ha evidenziato la sfida di decifrare le attività sotterranee e la dipendenza dall'interpretazione degli indizi forniti dal vulcano, come i terremoti e il sollevamento del suolo. I ricercatori hanno sottolineato che i disordini osservati dagli anni '50 hanno effetti cumulativi. Di conseguenza, un'eruzione può essere preceduta da indicatori più deboli, come un ridotto tasso di sollevamento del suolo e un minor numero di terremoti. Gli scienziati hanno concluso che l'attuale resistenza alla trazione dei Campi Flegrei è circa un terzo di quella che era nel 1984. I ricercatori, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, hanno sottolineato che un'eruzione non è inevitabile. Stefano Carlino dell'Osservatorio Vesuviano ha spiegato che, come altri vulcani rimasti dormienti per generazioni, i Campi Flegrei potrebbero stabilire un nuovo modello di lieve sollevamento e abbassamento o tornare a uno stato di riposo. La preparazione per tutti i possibili risultati è fondamentale.

RICERCATORI RIUNITI. Proprio ieri, 16 giugno, si è tenuta nell’Auditorium di Bagnoli Futura a Napoli la giornata di approfondimento tra i ricercatori specializzati nello studio della caldera flegrea per discutere i progressi della conoscenza e del monitoraggio dopo 11 anni di livello di allerta giallo. La giornata riservata al mondo scientifico, organizzata dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e sostenuta dal Dipartimento della Protezione Civile, ha visto l’analisi dei vari aspetti della caldera osservati negli ultimi anni e ha messo a confronto i dati e gli studi fin qui elaborati. Dallo stato attuale della caldera flegrea alle deformazioni del suolo e del costruito mediante tecniche satellitari, dallo sviluppo delle reti di monitoraggio nella parte sommersa della caldera Flegrea alla capacità previsionale a breve termine delle eruzioni: i ricercatori hanno affrontato tutti gli aspetti più rilevanti emersi dagli studi e dal monitoraggio del vulcano campano. “È stato un momento di condivisione e di confronto sui più recenti risultati della ricerca scientifica, sullo stato di attività della caldera Flegrea e anche su quello dei sistemi di monitoraggio multiparametrico”, ha dichiarato Francesca Bianco, Direttrice del Dipartimenti Vulcani dell’INGV. “Gli studi sulla pericolosità, sull’applicazione di modelli complessi per simulare la dinamica del sistema di alimentazione magmatica, sulla propagazione dei fluidi verso la superficie e le evidenze sulle caratteristiche crostali della caldera, mostrano sempre più la necessità dell’interazione tra tutte le competenze per avere gli strumenti idonei per realizzare, per quanto probabilisticamente, i migliori scenari di evoluzione a medio e breve termine”, continua Bianco, che conclude “Le relazioni di oggi hanno fornito, inoltre, importanti spunti di riflessione sui potenziamenti in corso di realizzazione sui sistemi di monitoraggio, essenziali per garantire un sempre maggiore dettaglio nella descrizione dello stato del vulcano”.

SINERGIA PER LA PREVENZIONE. Mauro Antonio Di Vito, Direttore dell’Osservatorio Vesuviano dell’INGV, ha precisato: "L'attività dell’Osservatorio Vesuviano beneficia enormemente dal confronto tra i risultati delle ricerche scientifiche che spesso sono sviluppati in collaborazione con Centri di ricerca e Università italiane ed estere. Il workshop di oggi rappresenta sicuramente un punto fermo da cui partire sempre più velocemente e meglio per il monitoraggio, lo studio e le ricerche sui nostri vulcani ma, soprattutto, sulla caldera dei Campi Flegrei che è tra le più approfonditamente studiate al mondo e che offre spunti e prospettive notevoli per la comprensione della dinamica di vulcani in unrest. La sinergia e il confronto con tutti gli enti locali, regionali e nazionali di Protezione civile contribuirà alla gestione sempre migliore di questo territorio a partire dalle sue peculiarità, caratteristiche, potenzialità e, non ultimo, pericoli”. “Abbiamo promosso e condiviso questa iniziativa perché sappiamo quanto sia strategico per il Servizio nazionale della protezione civile il contributo della comunità scientifica, struttura fondamentale del sistema”, ha dichiarato Titti Postiglione, Vice Capo Dipartimento della Protezione Civile. “In aree così complesse, come quella dei Campi Flegrei, questa sinergia è fondamentale. Stiamo parlando di uno dei vulcani più studiati e monitorati al mondo e sappiamo che ogni segnale, ogni anomalia, viene registrata, analizzata e interpretata anche per fini di protezione civile. Ma si può fare ancora di più e quanto abbiamo ascoltato oggi deve essere di stimolo per tutti”.

INGV. “È stato molto importante riunirsi e confrontarsi sullo stato delle conoscenze e dello sviluppo necessario al potenziamento delle reti osservazionali”, ha affermato il Presidente dell’INGV, Carlo Doglioni. “La caldera dei Campi Flegrei è oggetto di un monitoraggio continuo multiparametrico e l’attenzione dei ricercatori è massima per scorgere in ogni suo evento anche la più piccola variazione del sistema vulcanico”, ha proseguito il Doglioni. “L’INGV, e in particolare la sua Sezione di Napoli Osservatorio Vesuviano, da sempre è impegnato nella fondamentale attività di ricerca, monitoraggio e sorveglianza. Quanto più è approfondita la conoscenza del sistema vulcanico, migliore sarà la possibilità di poter rilevare eventuali disequilibri che possano dare indicazioni fondamentali per le eventuali azioni da parte del sistema di protezione civile in una zona così densamente popolata”, ha concluso il Presidente Doglioni. Partendo da quanto già noto, scopo ultimo della giornata è stato rappresentato dall’individuazione di percorsi per il miglioramento delle tecniche e delle tecnologie del monitoraggio, della conoscenza scientifica e, quindi, della valutazione della pericolosità dei Campi Flegrei. (17 GIU - REDM)

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