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Di Marzio (Lirec): in Italia serve legge su liberta’ religiosa / L’intervista

Roma, 25 ott- In Italia serve una nuova legge sulla libertà religiosa “perché ci sono troppe minoranze ancora discriminate e troppe amministrazioni che non conoscono i diritti. Quindi se c'è una legge organica è più facile che i diritti delle minoranze siano rispettati”. Ne è sicura Raffaella Di Marzio, direttrice di LIREC, che a 9Colonne, a margine della conferenza stampa sulla strategia d'implementazione delle Linee-guida UE sulla libertà di religione, credo e coscienza (FORB) spiega che in Italia, per una effettiva libertà religiosa, manca ancora “l'apertura dell'uguaglianza. In Italia c'è ancora un’idea monolitica di religione, che è quella della religione cattolica, e tutte le altre sono considerate ‘strane’ e quindi pericolose. C'è molto pregiudizio, questo è il problema”. Una cultura legata a un concordato che “di fatto fa una religione più importante delle altre. Ma visto che comunque non si potrà mai cambiare, noi cerchiamo invece di potenziare la libertà e i diritti delle altre”. Tra i punti più delicati in Italia, relativi alla libertà di culto, secondo Di Marzio “c'è un tentativo di approvazione di una legge nazionale di che discrimina i gruppi minoritari che vogliono costruire un luogo per il diritto all'esercizio della libertà di culto. È una legge incostituzionale, così come era incostituzionale quella della Lombardia e del Veneto che miravano alla stessa allo stesso obiettivo. Ed è una forma di pregiudizio istituzionale anche questa”. In questi giorni, specialmente dopo gli attentati in Israele, si discute in Italia della validità dell'equazione ‘più migrazione irregolare = aumento del rischio jihadista’: secondo la presidente Di Marzio “potrebbe esserci un pericolo reale, però sappiamo tutti che i jihadisti si formano dentro le carceri e in Internet: è un po’ difficile che si recluti un jiahdista su un barcone anche perché non si sa neanche se arriva vivo in Italia... mentre nelle carceri e in Internet il proselitismo funziona molto meglio”. Motivo per cui "è necessario migliorare i processi di integrazione perché molti di questi giovani, che poi diventano violenti, sono giovani che non hanno trovato nessun punto di riferimento se non quello della loro rabbia verso una società che non gli ha dato una opportunità”.

(PO / Sis)

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